Disney, Pixar e DreamWorks – le tre major dell’animazione mainstream – si sono sempre contese i weekend “caldi” della stagione cinematografica. Giugno, in particolare, è un mese che si presta perfettamente ai contenuti pensati per i più piccoli: da un lato per l’assenza dei principali festival, dall’altro per la concomitanza con la fine dell’anno scolastico. Quest’anno, più che mai, questa rivalità si è riaccesa con il ritorno di una vecchia faida che coinvolge proprio Disney e DreamWorks, incarnata nella figura di Chris Sanders, autore dietro due grandi successi come Lilo & Stitch (2002) e Dragon Trainer (2010), entrambi diventati immediatamente cult.
I due classici, inevitabilmente, non potevano sottrarsi al grande calderone dei remake live action, che ora arriva anche in casa DreamWorks. I rispettivi rifacimenti, usciti a una settimana di distanza, hanno ottenuto un enorme successo di botteghino, con programmazioni che occuperanno le sale per tutta l’estate. La resa, tuttavia, è risultata del tutto opposta a quella che ci si sarebbe potuti aspettare. Da un lato troviamo la conservatrice Disney, che propone una versione lievemente rivisitata ma fresca e divertente di un classico già di per sé “frizzante” come Lilo & Stitch. Dall’altro la DreamWorks – nata proprio in opposizione all’approccio disneyano, con l’intento di proporre un’animazione diversa, capace di parlare anche a un pubblico adulto – offre un remake frame by frame che non aggiunge assolutamente nulla all’originale, ma che anzi, come spesso accade in questo tipo di operazioni, finisce per togliere.
Già nel lontano 2002 Lilo & Stitch era un’operazione ambiziosa, quasi un grido d’aiuto da parte della Disney, in un periodo in cui – come ciclicamente accade – era a corto di idee. Un film non musicale, in cui uno dei protagonisti è sostanzialmente un “cattivo”, eppure fu un successo. La versione live action arriva invece in un momento storico completamente diverso per la major di Burbank, che oggi domina il mercato dell’intrattenimento. In questa nuova versione si notano una serie di piccoli aggiustamenti alla storia che la rendono più attuale, il tutto trainato da una giovanissima protagonista dal carattere scoppiettante – vera rivelazione – che regge con forza il ritmo della pellicola. Operazione commerciale? Senza dubbio. Ma, quantomeno, non si ha la sensazione di rivedere esattamente lo stesso film di vent’anni fa.
Lo stesso non si può dire di Dragon Trainer, in cui le parti in CGI (i draghi) sono praticamente identiche a quelle del film originale – già in 3D – e in cui i protagonisti in carne e ossa perdono tutte le qualità che solo la caricatura dell’animazione riesce a conferire. Ne risultano semplici attori in barbe posticce, parrucche ed elmi strampalati. Non si perde il senso di meraviglia dell’originale, ma non si ha affatto la sensazione di assistere a qualcosa di nuovo, né tantomeno a qualcosa che valga la pena rivedere o analizzare.
Al di là degli esiti differenti dei due film, l’ormai consolidata strategia dell’uscita in coppia (cfr. Barbenheimer, Gladiator II e Wicked, ecc.) continua a garantire un buon riscontro per entrambi. Ma chi è rimasto indietro in questo confronto, e perché ne è uscito con le ossa rotte? Contrariamente alle aspettative, a cavarsela peggio è stata la Pixar. Proprio la divisione Disney che ha sempre mantenuto viva quella scintilla innovativa e quell’approccio più profondo e maturo all’animazione mainstream è incappata nel clamoroso flop di Elio. Senza entrare troppo nel merito del film, è doveroso sottolineare quanto fosse difficile aspettarsi di meglio da un’uscita simile. Il momento più infelice legato all’inevitabile flop è stato forse la diffusione, da parte di Pixar, di un video promozionale che – utilizzando un format di tendenza – criticava il pubblico, esortandolo a non lamentarsi della carenza di titoli originali se poi, quando escono, non li si sostiene. Uno scarico di responsabilità di cattivo gusto, per di più rivolto nella direzione sbagliata.
L’uscita di Elio – film dai retroscena burrascosi e sfortunati – è stata infatti programmata strategicamente per danneggiare quella di Dragon Trainer, uscendo praticamente nella stessa settimana. Lamentarsi del flop di un film posizionato in un weekend “impossibile” per le nuove uscite, carico di titoli attesissimi, è quindi alquanto ipocrita. Quei titoli attesissimi lo sono diventati non solo perché remake di prodotti molto amati, ma anche perché ampiamente e massicciamente pubblicizzati, cosa che non si può dire del povero Elio, praticamente assente perfino nei trailer proiettati in sala.
Da questo minestrone di uscite emerge comunque una stagione assolutamente piatta, in cui le novità più attese non sono davvero novità, e l’unica vera novità non funziona abbastanza, riducendosi a film di recupero e a mera operazione tecnica. Non resta che sperare nella stagione autunnale che, a parte un film – Zootropolis 2, altro sequel – si presenta povera di interesse e quasi completamente priva di titoli originali.
Alberto Militello




