La trama fenicia, la recensione del film di Wes Anderson

La trama fenicia

Il canone estetico di Wes Anderson è ormai un assunto della cinematografia, un meme si potrebbe dire. Con La trama fenicia (The Phoenician Scheme) il regista stesso sembra voler confermare questa verità – più che nel precedente Asteroid City – con un titolo in cui tutti i tratti distintivi della sua cinematografia sono esasperati. Il mistero sta nel capire se Wes Anderson abbia realizzato un film a tutti gli effetti autoironico o semplicemente un film derivativo e triviale.

Mappe, oggetti vintage, elenchi, simmetrie, filtri gialli e sguardi freddi: La trama fenicia è una summa dello stile e della poetica di Wes Anderson. Un ricco uomo d’affari (Benicio del Toro) sfiora la morte in un tentato omicidio su un aereo e temendo il giudizio divino (a seguito di una visione) decide di riorganizzare le proprie ricchezze e di riallacciare i rapporti con la figlia (Mia Threapleton), novizia pronta a farsi suora. Tanti piccoli episodi ci faranno incontrare i soliti personaggi bislacchi e distaccati in quello che ha la struttura quasi di un film action d’altri tempi, ma in pieno stile andersoniano.

Ad analizzare in maniera critica i singoli elementi, c’è ben poco da dire, ogni cosa ha la sua eleganza. Il solito minuzioso manierismo di Anderson è intatto, ma è qui che sta il nodo della questione: il film non punge. Quando uno stile si cristallizza e diventa “canone”, vuol dire che inizia a diventare vecchio, anche se aumentano i fondi e grandi attori fanno la fila per entrare nel cast. Anderson è un regista troppo giovane per rimanere senza idee, soprattutto dopo aver prodotto degli ottimi film nel corso della sua carriera. Tutti i grandi maestri di tutte le arti hanno avuto “fasi”, ere distintive in cui il loro stile è gradualmente cambiato, così come i contenuti. Anderson sembra immune a questa pratica, come anche a voler sfiorare il presente, che rifugge sistematicamente. Dopo L’isola dei cani, in cui si era addirittura addentrato nel filone distopico, l’autore statunitense ha fatto solo passi indietro nel tempo, sino ad arrivare a questo La trama fenicia in cui sembra rifarsi quasi al cinema muto, soprattutto nella rigidità delle scenografie e della recitazione.

In questo eccesso di “stile Wes Anderson” viene da chiedersi quanta sia l’intenzionalità, l’autorialitá e quindi il progetto. Se questa autocaricatura è voluta, si va verso un’operazione scaltra, autoironica e di sberleffo del tipico pubblico andersoniano. Se invece, come sembra probabile, ci si trova semplicemente davanti a un artista che non sta riuscendo a reinventarsi, bisognerà dare il beneficio del dubbio in attesa che torni quel guizzo che lo ha portato al successo. Come sempre per autori importanti, sarà il prossimo film a definire l’andamento di questa parabola.

Alberto Militello