Drive-Away Dolls di Ethan Coen, la recensione

Drive-Away Dolls

Il road movie è uno dei generi in cui il cinema americano può esprimersi al meglio, nonché quel genere che incarna tutti gli elementi della società statunitense e che allo stesso tempo riesce ad avere gli esiti più svariati sia in termini di struttura narrativa che di argomento, dalla tragedia alla commedia, dal sociale al nonsense. Drive-Away Dolls di Ethan Coen riesce ad essere un po’ tutte queste cose insieme in un film di soli 84 minuti.

L’enorme versatilità del road movie è dovuta al tema del viaggio, topos per eccellenza, capace di innescare tutti i meccanismi della narrazione, e di essere un espediente che permette con facilità di portare i protagonisti verso le loro prove o viceversa. In Drive-Away Dolls abbiamo due personaggi principali, due donne che rappresentano un po’ tutti gli opposti dell’umanità, la ragione e l’istinto, la cultura e l’esperienza, l’amore e l’eros. Jamie (Margaret Qualley) e Marian (Geraldine Viswanathan) sono la strana coppia che intraprende da Philadelphia un viaggio verso Tallahassee, la prima in fuga da una ex infuriata, in continua ricerca dell’avventura, l’altra in fuga dalla monotonia, alla ricerca di se stessa, del coraggio di essere libera. Un viaggio che presto si rivela ricco di sorprese e imprevisti.

Ethan Coen ci offre una storia dai ritmi serratissimi, circoscrivendo tutto l’arco narrativo in un film di neanche un’ora e mezza, con un risultato tutto sommato piacevole, ma un po’ pasticciato. Il citazionismo e l’autocitazionismo fanno da padroni, da Pulp Fiction a Thelma e Louise, passando per Il grande Lebowski. Proprio di quest’ultimo titolo si sente particolarmente aleggiare la presenza, non casuale, in quanto funzionale ad afferrare l’essenza dei personaggi. Se l’inconscio di Miriam è ordinato, ma represso, quello di Jamie, spesso rappresentato dalle sequenze psichedeliche, è puro desiderio e istinto ma, allo stesso tempo, è anche mancanza di certezze e solidità, proprio come il Drugo de Il grande Lebowski. I temi toccati sono tanti, seppur frettolosamente, in un mix di situazioni che si alternano rapide, che sfociano anche nel nonsense, ma che non lasciano un segno troppo profondo. Margaret Qualley nei panni di Jamie si conferma un’attrice fenomenale, che dopo svariati ruoli drammatici ci mostra le sue capacità anche in una performance comica.

Il tratto più deludente della pellicola riguarda, purtroppo, lo stile. Una delle caratteristiche del cinema dei fratelli Coen è la loro capacità di muoversi tra i generi, di giocarci e di ribaltarli, ma senza mai cristallizzarsi. Qui, invece, il tutto sembra fin troppo monocorde. Pur lavorando senza il fratello, Ethan Coen rimane comunque coerente alle atmosfere tipiche del cinema del duo – forse un po’ troppo – portandoci in un universo narrativo quasi fiabesco e tutto americano come in Fratello, dove sei? o Ladykillers.

Da un punto di vista distributivo, è assolutamente ammirevole la scelta di far uscire il film unicamente in versione sottotitolata, in quanto gli accenti giocano un ruolo fondamentale nella caratterizzazione dei personaggi. La speranza è che questa tendenza venga abbracciata sempre più spesso. In ultima analisi, comunque, Drive-Away Dolls è un film dai toni assurdi, aperto a tematiche attuali, ma che in fondo non sperimenta più di tanto. Un viaggio sopra le righe alla ricerca della propria identità, che forse non raggiunge il suo pieno potenziale.

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Alberto Militello