Hustle di Jeremiah Zagar, la recensione del nuovo film di Adam Sandler

Hustle

La categoria dei film sportivi è una tra le più ampie e variegate che esistano. Al suo interno si spazia dalla biografia del singolo atleta ai film per bambini, fino ad arrivare alla commedia demenziale. Hustle (2022), diretto per Netflix da Jeremiah Zagar al suo secondo lungometraggio, si presenta principalmente come un tributo al gioco del basket, ai suoi campioni, ma anche alla sua incredibile spettacolarità. Fortemente voluto da Adam Sandler, grandissimo amante del basket e qui anche produttore e co-protagonista, il film si risolve in una storiella banale ma di onesto intrattenimento.

Philadelphia. Stanley Sugarman è il talent scout dei 76ers e, nonostante una brillante carriera alle spalle, Stanely sogna la panchina, ovvero di diventare allenatore. Un problema di antipatie interne lo allontanerà da questo sogno, portandolo a cercare ancora un ultimo talento. È così che in Spagna incontra in un campetto di strada l’abilissimo giocatore Bo Cruz, interpretato dall’atleta NBA Juancho Hernangomez. Tuttavia, a partire da questo momento, Stanley si troverà a dover affrontare numerose difficoltà per portare in auge il suo pupillo, opponendosi con forza al volere di molti.

In questa parabola dell’american dream, quello che si configura come il problema principale sono perlopiù le tempistiche. Tutti gli elementi della storia sono prevedibili, così come gli esiti delle principali tensioni di trama. Come nel più classico dei film sportivi, tutto avviene con un tempismo telefonato, utile solo a portare avanti o ad ostacolare la scalata del protagonista verso il successo. A parte le evoluzioni un po’ banali della storia, Hustle resta comunque un titolo godibile per via delle numerose – e ben girate – sequenze di gioco che rendono onore sullo schermo a uno sport dalle dinamiche velocissime e non facili da catturare come il basket.

Convincenti sono le performance dei due protagonisti, un professionista dell’NBA da una parte e un assiduo frequentatore di eventi sportivi dall’altra, pienamente a loro agio all’interno del contesto tracciato dal film. Non è d’altronde il primo insolito film sportivo per Sandler, da quel memorabile remake di L’altra sporca ultima meta (The Longest Yard, 2005). Inoltre, nonostante sia soltanto al suo secondo lungometraggio e sebbene qui si allontani molto dalla profondità e dalla sensibilità del suo esordio Quando eravamo fratelli (We the Animals, 2018), Jeremiah Zagar dimostra comunque una buona mano registica.

In conclusione, Hustle è un film che, pur con una trama scarna e dagli sviluppi prevedibili, riesce a divertire e a intrattenere grazie alla tecnica del regista e alle prove attoriali, in un film azzeccato per la piattaforma Netflix ma che non offre reali spunti oltre alla sua ordinaria immediatezza.

Alberto Militello