“I Know This Much Is True” di Derek Cianfrance – Recensione

I Know This Much Is True

I Know This Much Is True è una miniserie HBO del 2020 -adattamento dell’omonimo romanzo di Wally Lamb – scritta e diretta per la TV da Derek Cianfrance, regista affine alle tematiche affrontate dal romanzo che, analizzate in un contesto autoriale, si caricano di molte sfumature. Un volto, due destini è il titolo italiano della serie, che pur perdendo molta della poeticità dell’originale, si presta a introdurne la trama. Il racconto, infatti, ruota attorno a due gemelli, Dominick e Thomas, entrambi interpretati da Mark Ruffalo, la cui splendida performance attoriale mostra doti trasformistiche degne della sua controparte marveliana. Ci sono diversi momenti in cui ci si dimentica che i due personaggi siano interpretati dallo stesso attore. Per soli sei minuti, i due gemelli sono nati in due anni diversi, il 1949 e il 1950, fatto che di per sé rimanda a vari simbolismi. Nonostante l’aspetto dei due fratelli sia identico, infatti, lo stesso non si può dire delle loro personalità: Dominick è un onesto e instancabile lavoratore, gravato però da un grosso trauma, mentre Thomas soffre di schizofrenia paranoica. I primi minuti della serie lo vedono entrare in una biblioteca pubblica per poi tagliarsi una mano poco dopo. Da qui parte il racconto che in sei episodi esplora il rapporto tra i fratelli nel tempo, indagando il loro passato e le origini della loro famiglia in America.

Non è più una novità vedere miniserie “firmate” da autori del cinema per la TV, in particolare per HBO, ma è sempre interessante osservare come un regista sfrutti l’ampio spazio narrativo offerto dalla serialità e il modo in cui affermi la propria cifra stilistica. Nei suoi due lungometraggi principali, Blue Valentine (2010) e The Place Beyond the Pines (Come un tuono, 2012), Cianfrance ha già affrontato in maniera brillantemente sintetica il dialogo sulla famiglia, sui ruoli, sull’eredità dei padri e i divari generazionali, grazie senz’altro a un ottimo uso del mezzo filmico. Infatti, l’elemento stilistico che accomuna i due film in maniera più evidente è il continuo cambio di prospettiva, reso sempre in maniera delicata, ma in modo incisivo e sempre conclusivo, ovvero ricongiunto alla prospettiva di partenza.

I Know This Much Is True

In I Know This Much Is True l‘esplorazione delle varie prospettive si intensifica per creare un intreccio dalle sfumature macabre: d’altronde anche una certa violenza visiva (ma mai gratuita) rappresenta un tratto distintivo del regista. Le diverse prospettive vengono espresse giocando sulle linee temporali, con un uso intenso e pesato del flashback, volto a sviare lo spettatore dalla realtà dei fatti, ma mettendolo sempre più in linea con la realtà di Dominick. Portatore del nome del nonno Domenico Tempesta (interpretato da Marcello Fonte), si confronta con i segreti più oscuri della sua famiglia e con i traumi del suo passato, mentre segue il degenerare della salute mentale del fratello. Il continuo confronto generazionale e l’analisi sull’ereditarietà delle colpe dei padri sembrano, nel lavoro di Cianfrance, più uno sguardo sui punti deboli e i traumi di una nazione (che a sua volta ha un rapporto problematico con il proprio passato), che un approfondimento di tematiche e dinamiche familiari.

Il divenire di ogni trama è reso possibile dall’universo in cui è immersa, in questo caso la realtà degli Stati Uniti. Ed è sotto questa luce che ogni tratto si colora di aspetti simbolici e quasi di denuncia. Forse in questa serie, più che nei film, l’origine burbera e violenta, un trauma indelebile, una natura duale e opposta, sono caratteristiche che rispecchiano perfettamente la storia degli Stati Uniti. I Know This Much Is True è, così, una serie che parallelamente a un intrigo teso e a un mistero che si sviluppa gradualmente, offre un quadro dettagliato e profondo sulla psicologia dei rapporti familiari, ma anche sulla storia di un paese dai mille volti, dal passato violento e fumoso. Un equilibrio vincente tra trama e riflessione sulla realtà che, anche se non intenzionale, affiora dalla crudezza della rappresentazione.

Alberto Militello