“Martin Eden” di Pietro Marcello – Recensione

Martin Eden

Dolci onde inghiottono un uomo in cerca di libertà, una libertà individualista che nel mondo in cui vive non viene accettata e compresa. Un individualismo che risponde solo alla potenza di Madre Natura, alla quale si piega e si arrende. Quest’uomo è Martin Eden, un giovane marinaio non istruito che, inizialmente spinto dall’amore verso la benestante Elena, cerca di trovare il suo ruolo nel mondo costruendosi un’istruzione da autodidatta e scoprendo, grazie ad autori e pensatori a lui sconosciuti, un proprio pensiero coerente.

Pietro Marcello prende l’omonimo romanzo di Jack London traendone liberamente ispirazione per realizzarne un lungometraggio ambientato nella Napoli post-Prima Guerra Mondiale, in un momento molto delicato soprattutto per i proletari e caratterizzato da numerose rivoluzioni sociali. Il Martin Eden interpretato da un meraviglioso Luca Marinelli – e che gli è valso il premio Coppa Volpi al Festival del Cinema di Venezia – è inizialmente un giovane ragazzo pieno di sé che sopravvive lavorando in fabbrica e in mare, ospitato dalla famiglia della sorella maggiore. Quando incontra Elena, ragazza di buona famiglia e istruita, inizia a scoprire un mondo fatto di parole e di pensieri e, incantato, decide di iniziare ad istruirsi da solo, sia per una propria curiosità personale sia per conquistare la ragazza e la sua famiglia.

Dapprima accoglie un pensiero socialista estremo, condiviso dalla famiglia aristocratica di Elena, che però disdegna i lavoratori come lui, allontanandosi quindi dalle proprie origini umili. Quando conosce l’amico della famiglia di Elena, Russ (presente anche nel romanzo di London), Martin evolve il suo pensiero e capisce che il socialismo non è altro che un capitalismo camuffato, dove i lavoratori si battono solo per cambiare padrone piuttosto che affermare le proprie individualità. Un pensiero che, se dapprima viene ostacolato dalla società e da quelli che lo circondano, con il passare degli anni viene, a poco a poco, riconosciuto e condiviso da molte personalità di spicco, fino a farlo arrivare sulle cattedre delle università più prestigiose.

Martin Eden

Il personaggio di Martin Eden fa esplicitamente riferimento alla figura di Jack London, come d’altronde già accadeva nel libro dello stesso autore, raffigurando un intellettuale costruito e fatto in completa autonomia, un grande autore di massa, interessato alla politica e al suo impegno verso cause sociali di rilievo. Come Jack London ha raccontato quelle che sarebbero state le difficoltà del Novecento con evidente anticipo, non condiviso dai suoi contemporanei, anche Martin Eden porta avanti un pensiero non allo stesso passo con i tempi in cui sta vivendo. Entrambi, quindi, rappresentano un pensiero e un’ideologia che anticipa grandi movimenti sociali e politici che si svilupperanno nel futuro.

Pietro Marcello, in Martin Eden, utilizza immagini di repertorio (sia autoprodotte che ricercate in archivio) per mostrare il punto di vista del personaggio, un punto di vista esclusivo, che riesce a decifrare solamente lui stesso e che poi sarà l’anticamera del suo pensiero unico e lungimirante. Le immagini di repertorio, quindi, raffigurano un passato presente che però porta avanti una visione del futuro prossimo che Eden utilizzerà per sviluppare il suo pensiero, anche grazie all’aiuto di Russ che lo aiuterà in una lettura più personale e profonda del presente. Queste immagini, aggiunte alle numerose inquadrature in soggettiva dello stesso Eden, rappresentano il punto di vista dello stesso popolo di cui Eden si fa portavoce e che vuole che tutti riescano a vedere, primi tra tutti i membri della famiglia dell’amata Elena.

L’adattamento del romanzo di London portato avanti dal regista italiano risulta sicuramente una strategia vincente ed efficace. Uno dei più grandi problemi di questo film è, però, la stessa evoluzione del protagonista. Se la prima parte risulta più efficace ed avvincente per comprendere il primo pensiero di Eden e la sua iniziale evoluzione, il Martin più maturo che incontriamo successivamente è sicuramente meno incisivo e limpido, così come anche la narrazione che lo accompagna. Questa differenza crea, quindi, uno squilibrio ritmico e contenutistico nella diegesi, allentando la tensione costruita nella prima parte e sviando l’attenzione dello spettatore. Rimane il fatto che, però, Martin Eden è un film coraggioso e concettualmente intrigante poiché, pur adattando uno dei romanzi più famosi del primo Novecento, si propone come un film originale ed estremamente attuale.

Erica Nobis