“Truth Seekers” di Nick Frost e Simon Pegg – Recensione

Truth Seekers

Truth Seekers (2020), disponibile su Prime Video, è l’ultima fatica dell’ormai affermato duo comico composto da Simon Pegg e Nick Frost, creata con il supporto dei produttori e autori James Serafinowicz e Nat Saunders. Lo show affronta le avventure di un gruppo di youtubers amatoriali dediti allo studio di fenomeni paranormali in Inghilterra, i Truth Seekers appunto, sviluppando la propria narrazione in otto episodi. La serie rispetta alcuni elementi tipici dei lavori del duo, ma resta un prodotto ancora troppo indeciso e assolutamente poco incisivo, pur vantando un cast importante e uno stile non banale.

La prima delusione che si ha iniziando uno show creato da Simon Pegg e Nick Frost è quella di realizzare che i loro momenti insieme sono esigui: solo uno dei due attori è protagonista, Nick Frost, mentre Pegg interpreta un personaggio ricorrente il cui ruolo assume sfumature diverse durante tutto lo show. Delusione a parte, la carica comica di Frost non si esprime mai pienamente, non ha una controparte che la bilanci, per quanto sia interessante la presenza di Malcolm McDowell, altro nome importante del cast che qui rappresenta, appunto, la nota di colore a cui vengono affidati alcuni momenti di comicità (purtroppo abbastanza spiccia). Gus, il personaggio interpretato da Frost, non è il goffo nerd a cui siamo abituati, il che non è un male, se non fosse che non possiede alcuna caratteristica particolare. Tutti i personaggi, in generale, sono solo abbozzati, alcuni anche in maniera troppo ovvia.

Truth Seekers

Passando alla scrittura, sulla carta il connubio tra la leggerezza dell’universo del vlogging e i tratti orrorifici di quello paranormale è sicuramente vincente. L’esito, tuttavia, non convince: ci si trova davanti uno show che non è mai pienamente comico né pienamente spaventoso. Il tutto a fronte di un carico narrativo mal distribuito, fortemente concentrato nelle ultime puntate della stagione in cui si aprono, quasi all’improvviso e tutte in una volta, diverse linee narrative che divergono verso una seconda stagione ancora da realizzare. Lo spettatore è, così, lasciato con una buona metà degli episodi caratterizzati da un ritmo lento, in cui vediamo formarsi il gruppo di investigatori del paranormale e poco altro, e un’altra metà decisamente più dinamica. Infatti, una volta che i caratteri sono stati assemblati e la squadra è stata composta, la serie inizia ad avere degli slanci più interessanti, che però si esauriscono dopo poco. Tutte caratteristiche che, comunque, sono in linea con lo stile degli autori, in particolare Nat Saunders e James Serafinowicz, già creatori per Netflix di Sick Note (2017), una serie dai connotati molto simili dal punto di vista strutturale. Anche questa vede come co-protagonista (insieme a Rupert Grint) Nick Frost, qui decisamente più convincente, forse perché in un ruolo più incline ai personaggi interpretati solitamente, ma anche in questo caso, pur partendo da un’intuizione altrettanto interessante, il risultato non brilla particolarmente.

In definitiva, con Truth Seekers, ci troviamo davanti ad una serie spenta, che fatica ad ingranare, pur avendo in mano degli ottimi elementi e uno stile interessante, costellato di omaggi al cinema classico e di genere, con una buona cura dell’immagine e un’attitudine a quel nonsense fantascientifico all’inglese, in stile Douglas Adams, che non riesce però a realizzarsi pienamente. Eppure, gli elementi sul tavolo fanno sperare in una seconda stagione meglio strutturata e più bilanciata, anche se il precedente di Sick Note non lascia sperare benissimo.

Alberto Militello