“Romance Doll” di Yuki Tanada – Recensione (FEFF 22)

Romance Doll

Le sex dolls (conosciute anche come love dolls o real dolls) sono bambole del sesso estremamente realistiche in commercio in diversi Paesi, primo fra tutti il Giappone. Il Paese del Sol Levante è uno dei maggiori produttori di questi oggetti e la cineasta giapponese Yuki Tanada ha dedicato proprio il suo Romance Doll (2020) ad esaminarne il fenomeno, non limitandosi tuttavia ad analizzare la questione da un punto di vista più spiccatamente di denuncia sociale, bensì affrontandola da una prospettiva differente. Tanada costruisce infatti attorno alle sex dolls un racconto di finzione che mira ad esplorare l’essere umano nella sua relazione con l’alterità, spostando in realtà l’attenzione dall’oggetto sessuale in sé ad aspetti più emotivi e umani.

Il film è girato in pellicola 16mm e racconta la storia d’amore tra Tetsuo (Issey Takahashi) e Sonoko (Yū Aoi). Tetsuo lavora in una fabbrica che produce sex dolls, mentre Sonoko è una modella che viene ingaggiata per posare proprio per fornire le sue fattezze ad una bambola. Tuttavia, la ragazza non viene informata sui reali motivi per i quali sta posando, una bugia che tornerà a tormentare Tetsuo una volta che si legherà sentimentalmente con Sonoko. Tra gag divertenti e momenti di riflessione importanti, Romance Doll fonde un substrato ironico con le esigenze di una narrazione drammatica all’interno di un contesto atipico e particolare.

Romance Doll

Il punto di forza dell’opera di Yuki Tanada è proprio il modo in cui riesce a mantenere un delicato equilibrio tra le situazioni più ilari e rilassate del film con la tensione drammatica di alcune sequenze, dimostrando una grande consapevolezza registica e sceneggiativa nella messa in scena e nell’approfondimento caratteriale dei personaggi. Nel corso di Romance Doll, il punto di vista è perlopiù quello di Tetsuo e la scelta di nascondere alcuni aspetti fondamentali della trama che riguardano invece la protagonista femminile del film peserà particolarmente quando queste peculiarità finalmente emergeranno, donando nuove sfumature di senso alla pellicola.

Romance Doll è infatti un film sulle sex dolls che prende le mosse dall’oggetto in sé per parlare d’altro, creando delle interessanti connessioni simboliche tra Sonoko e le stesse sex dolls. Non a caso, uno degli elementi più importanti della pellicola è il fatto che la sessualità non sia assolutamente centrale nella relazione tra Tetsuo e la ragazza, ribaltando il concetto stesso di bambola del sesso. Sonoko, donando la sua corporeità agli oggetti prodotti nella fabbrica in cui lavora Tetsuo, si propone allo sguardo spettatoriale esattamente come un vero e proprio oggetto del desiderio, ma nel corso della pellicola, finché la bugia fondativa nella relazione tra i due non verrà infranta, non sarà possibile né per lo spettatore né per il ragazzo ambire a possedere realmente il suo corpo-oggetto. E anzi, al contrario, sarà solo il crollo di ogni artificio e bugia a ricentralizzare Sonoko come un soggetto e non più come un oggetto. L’indagine filosofica proposta da Yuki Tanada è sottile ma molto interessante, supportata pienamente dalla resa estetica e stilistica del film, in quella che di fatto è una delle migliori pellicole presentate nel corso della 22esima edizione del Far East Film Festival.

Le recensioni del Far East Film Festival 22

Daniele Sacchi