“Ghostbusters: Legacy” di Jason Reitman – Recensione

Ghostbusters: Legacy

Dietro la scelta della distribuzione italiana di cambiare il sottotitolo del film di Jason Reitman da Afterlife a Legacy: vi è l’intenzione di sottolineare la volontà dell’opera di porsi come un’eredità spirituale del primo Ghostbusters. Si tratta di un’operazione che agisce su più livelli, a partire dalla stessa paternità delle due opere: dopo trentasette anni dall’uscita del film di Ivan Reitman, tocca al figlio Jason portare nuova linfa vitale al franchise, attingendo a piene mani ad un bagaglio di nostalgia e ricordi.

Ghostbusters: Legacy è una vera e propria caccia al tesoro citazionistica in cui lo spettatore è costantemente bombardato da richiami e easter eggs dei primi due film, un citazionismo mai fine a se stesso che viene fatto sapientemente coincidere con la progressione della narrazione, all’interno della quale saranno le indagini dei giovani Phoebe (Mckenna Grace) e Trevor (Finn Wolfhard) a rivelare man mano i numerosi collegamenti tra i film.

Ghostbusters: Legacy

Nonostante la conoscenza delle opere precedenti sia utile per il pieno godimento di Ghostbusters: Legacy, quest’ultimo riesce in ogni caso a trovare una propria dimensione autonoma. Lo fa innanzitutto cambiando l’ambientazione: la New York degli enormi palazzi, delle labirintiche fogne e dei burocrati senza scrupoli diventa una cittadina mineraria dell’Oklahoma, creata sullo stampo della Hawkins di Stranger Things o della Derry dei romanzi di Stephen King. Il secondo grande cambiamento che Reitman apporta alla formula Ghostbusters è di tipo anagrafico: non più degli adulti, dei professori universitari, ma dei ragazzini, un “club dei perdenti” con la passione per la scienza e per il soprannaturale, aiutati da un professore (Paul Rudd) che incarna alla perfezione la figura del nerd nostalgico dei Ghostbusters. Se è vero che, a partire dal successo di Stranger Things abbiamo visto numerosi tentativi da parte del cinema mainstream di riappropriarsi della “magia” dei film per ragazzi degli anni ’80, è altrettanto vero che poche volte ne sia venuto fuori qualcosa di originale. Reitman riesce però a rinnovare questa formula, mixando il passato con il presente, come dimostra la riduzione dell’utilizzo della CGI in favore di una soluzione ibrida tra computer grafica e effetti pratici.

Ghostbusters: Legacy è un ponte generazionale che si appoggia ai suoi predecessori, che dialoga contemporaneamente con gli adulti che sono cresciuti con il ricordo degli acchiappafantasmi e i giovanissimi che non hanno mai visto un film della saga. Jason Reitman e il suo co-sceneggiatore, Gil Kenan, dimostrano che non esistono film intoccabili e che, con le giuste dosi di cinefilia, amore per l’opera originale e conoscenza dei mezzi, anche i remake dei mostri sacri della nostra infanzia possono essere originali, divertenti e destinati a diventare dei cult per le nuove generazioni.

Gianluca Tana