“It Follows” di David Robert Mitchell – Recensione

It Follows

Jay (Maika Monroe), dopo aver avuto un rapporto sessuale con Hugh (Jake Weary), viene narcotizzata e legata ad una sedia. Il ragazzo le confessa di essere costantemente seguito da un’entità che vuole ucciderlo: l’unico modo per liberarsene è attraverso il sesso, in modo da trasmettere la persecuzione dell’entità ad un’altra persona. Se questa figura malvagia riuscirà a raggiungere e uccidere Jay, tornerà a tormentare Hugh, quindi è necessario che la ragazza trasmetta a sua volta la persecuzione a qualcun altro. Dopo aver mostrato a Jay che tutto quello che le ha detto è reale, dal momento che una donna completamente nuda e apparsa all’improvviso si sta avvicinando minacciosamente ai due, la libera e la riporta a casa, lasciandola al suo triste destino. It Follows (2014), scritto e diretto da David Robert Mitchell, è un film che nasconde dietro al suo plot da teen horror una ricerca autoriale precisa.

Mitchell, di fatto, riesce a modo suo a presentare un prodotto originale che mira a rinnovare il genere attraverso nuove indagini e prospettive. Già dalla sequenza iniziale, slegata dal resto della trama, si rende evidente come It Follows non voglia “imporre” artificialmente la paura nello spettatore con il ricorso a jumpscares o a trucchetti simili. L’it infatti, l’entità indefinita che nel corso del film cercherà di uccidere Jay manifestandosi attraverso differenti configurazioni corporee, viene raffigurata in prima istanza come una minaccia invisibile. In apertura, un piano sequenza ci mostra la fuga di una ragazza da un qualcosa di celato, non identificato, ma che lei percepisce come terribilmente reale. Dopo aver raggiunto una spiaggia, la ragazza attende inerme l’arrivo dell’entità. Mitchell non ci permette di vedere la sua azione, ma ce ne evidenzia il risultato nella forma del corpo orribilmente seviziato della ragazza. Il sentimento di terrore e di spaesamento emerge così dall’azione perversa di una minaccia ignota.

It Follows

Da un lato, la chiave di lettura principale di It Follows è piuttosto semplice. Il film di David Robert Mitchell tematizza le modalità attraverso le quali la società reagisce alle malattie sessualmente trasmissibili, affrontando allo stesso tempo il tema della promiscuità sessuale e, in parte, dei rapporti giovanili alienati. D’altronde, i protagonisti di It Follows sono ragazzi con famiglie assenti, figure che non vediamo mai sullo schermo: i ragazzi sono «più soli di quanto credono» (cfr.), smarriti e senza punti di riferimento, gettati in un mondo caotico sprovvisti degli strumenti per comprenderlo. Dall’altro lato, però, l’opera contiene alcuni sottotesti meno scontati che sono parimenti interessanti. Ad esempio, It Follows esamina anche un contesto paranoide specificamente figlio della contemporaneità. I corpi attraverso i quali l’entità si manifesta sono di persone sconosciute, irrefrenabili e imprevedibili. La paura nei confronti dell’altro è totale: chiunque può essere fonte di pericolo, veicolo di disagio, espressione del male.

Mitchell sembra dunque narrarci la quotidianità dell’uomo del 21esimo secolo, il quale non può far altro che vedere nell’alterità un insieme di figure che possono mettere a repentaglio la sua illusoria volontà di equilibrio. Inoltre, il fatto che la pulsione omicida dell’entità di It Follows non possa essere fermata ma solo temporaneamente placata attraverso la trasmissione della persecuzione ci racconta ulteriormente di un mondo che sembra in evidente difficoltà nel porre un freno alle proprie logiche prevaricatrici. It Follows cerca così di scavare nel profondo dei sentimenti più reconditi dell’uomo contemporaneo, forse peccando nel limitarsi con la sua analisi alla sola dimensione adolescenziale, ma presentandosi in ogni caso come un horror convincente. Escludendo l’innocua e dimenticabile opera prima The Myth of the American Sleepover (2010), David Robert Mitchell si propone grazie a It Follows e al successivo Under the Silver Lake (2018) come uno degli autori americani più interessanti degli ultimi anni.

Daniele Sacchi