“Over the Garden Wall” di Patrick McHale – Recensione

Over the Garden Wall

Over the Garden Wall è una miniserie animata, creata da Patrick McHale e andata in onda su Cartoon Network nel 2014, ed è, innanzitutto, un meraviglioso esercizio di stile. Come in Adventure Time (Pendleton Ward, 2010-2018) e The Marvelous Misadventures of Flapjack (Mark Van Orman, 2008-2010), serie per cui McHale è stato a lungo scrittore, lo spettatore si trova immediatamente catapultato all’interno di questo universo misterioso, in cui a un non-sense bambinesco si alternano scenari macabri e quasi orrorifici. In Over the Garden Wall si aggiunge, inoltre, un’estetica dal gusto un po’ retrò che guarda tanto alle vecchie cartoline in stile Americana quanto alle Silly Symphonies di Walt Disney e in generale all’animazione del passato senza rinunciare a qualche riferimento dantesco. La miniserie è stata prodotta in seguito al corto animato Tome of the Unknown (2013, disponibile qui) che già racchiudeva in sé tutte le caratteristiche e gli elementi che sarebbero poi sfociati proprio in Over the Garden Wall.

La miniserie segue le avventure di due fratelli, Wirt (Elijah Wood) e Gregory (Collin Dean), persi in una “selva oscura”, the Unknown (l’Ignoto nella versione italiana). Wirt è un adolescente un po’ scorbutico, timido e insicuro, Gregory un bambino socievole e spontaneo, completamente immerso in un universo fatto di gioco e fantasia, tratto che spicca particolarmente in un’ambientazione già fantastica, dando vita a molti momenti comici. Questa differenza tra i due fratelli, vista anche alla luce del finale, apre all’analisi sulla natura altamente simbolica dell’Unknown che può essere interpretato come simbolo della crescita e del passaggio all’età adulta, insomma proprio quella transizione vissuta da Wirt, il che spiegherebbe la totale indifferenza di Gregory ai pericoli e alle creature incontrate sul loro cammino. Uno scenario che da sempre, passando da Dante fino ad arrivare ai giorni nostri, si presenta come la trasposizione più vivida della paura umana.

La minuziosa grisaille che fa da sfondo a tutta la vicenda non è solo una realtà simbolica, ma anche un tripudio di riferimenti che creano un universo coeso e ricco di collegamenti interni e di sottotrame risolvibili solo attraverso l’analisi dei dettagli dell’ambientazione, nello sfondo e negli oggetti. Molti sono anche gli omaggi alla cultura popolare e favolistica (già il corto Tome of the Unknown è ispirato a una favola inglese), ma anche alla sopracitata corrente estetica detta Americana che privilegia quegli scenari e quegli accostamenti tipicamente statunitensi, come alcune vecchie insegne o case di legno circondate da campi di granturco. A questo si aggiunge anche un certo gusto, soprattutto nel design dei personaggi, per lo stile grafico della Rubber hose animation, ovvero l’animazione tipica degli anni ‘30, che pure sta tornando di moda in molti prodotti audiovisivi, dal semplice omaggio in molte serie animate a stile predominante in videogiochi come Cuphead (StudioMDHR, 2017).

La sola abilità di creare un’esperienza estetica e visuale simile, capace di equilibrare soggetti comici in ambientazioni cupe e di riuscire a capovolgere il clima di una scena in pochi tratti, basterebbe a classificare Over the Garden Wall come un ottimo prodotto di animazione. A questo si aggiunge una complessità tematica maldestramente mascherata da cartone per bambini che dà un ulteriore spessore al tutto. È un peccato sapere dell’esistenza di molti episodi mai sviluppati, che avrebbero dovuto intensificare e infittire le sottotrame dell’Unknown, ma è anche interessante imbattersi nei video e nelle teorie sul web che cercano di approfondirle. Questa capacità di appassionare, divertire e meravigliare, grazie alla cura posta in ogni fase di realizzazione, rende questo show una vera e propria gemma che vale la pena di vedere e rivedere.

Alberto Militello