Quel freddo giorno nel parco di Robert Altman, la retrospettiva

Quel freddo giorno nel parco

Dinanzi ad una filmografia tanto vasta come quella di Robert Altman è difficile orientarsi. Altman è stato incredibilmente prolifico in carriera e, pur essendo giustamente ricordato per le sue taglienti letture critiche sul clima politico, sociale e culturale degli Stati Uniti (pensiamo, ad esempio, alla satira antimilitarista di M*A*S*H* o alle riflessioni country di Nashville), il regista ha navigato attraverso numerosi generi e prospettive. Tra i suoi film meno conosciuti e più riusciti, spicca in particolare Quel freddo giorno nel parco (1969), primo capitolo di una trilogia tematica dedicata alla crisi dello sguardo femminile che si espanderà negli anni successivi con i surreali Images (1972) e Tre donne (1975).

Nel film, sceneggiato da Gillian Freeman e liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Richard Miles, Robert Altman dirige Sandy Dennis nel ruolo di Frances Austen, una donna benestante che vive in solitudine a Vancouver. Durante una giornata piovosa, l’attenzione di Frances viene catturata da un ragazzo (Michael Burns), apparentemente senza fissa dimora, seduto su una panchina del parco di fronte alla sua abitazione. Mossa dalla compassione, Frances raggiunge il giovane e lo invita in casa, offrendogli un bagno caldo e del cibo. Tuttavia, il ragazzo – che nel corso del film non avrà mai un nome – non proferisce parola e la comunicazione tra i due non è immediata. Nei giorni successivi, quando la storia personale del giovane verrà a galla, la situazione tra i due si farà complicata, tanto che Frances finirà per costringerlo ad un’insolita convivenza forzata.

Altman lavora di giustapposizioni in Quel freddo giorno nel parco, prima operando attraverso un intreccio che alla prospettiva confortevole e rassicurante offerta dalle cure di Frances affianca invece il gioco finzionale – a tratti burlesco e truffaldino – del ragazzo, e in seguito invertendo i ruoli, tuffandosi mano a mano nella psiche tormentata della donna. A tratti sembra di scorgere alcuni echi di Repulsione di Roman Polański, suggestioni che verranno poi esplorate più a fondo in Images, ma ad emergere nel film è soprattutto un’atmosfera macabra e spettrale frutto del perseguimento da parte di Frances di un’intimità morbosa e malsana. Disseminato di tracce fugaci, di detti e non detti, di cose e di fatti che non sono ciò che dovrebbero essere, Quel freddo giorno nel parco è infatti dominato da un’ossessione desiderante che irrompe nella scena e domina l’immagine con tutta la sua forza.

In tal senso, il film di Altman è un thriller pulsionale che cerca però di tenere a freno sino agli ultimi istanti la sua dimensione erotizzante per sottolineare invece più esplicitamente il sentimento di padronanza e di volontà di potenza che muove le azioni di Frances, la matrice possessiva che mira al completamento di tutti i suoi vuoti. La protagonista di Quel freddo giorno nel parco è una figura alla deriva, sempre più vincolata allo sfogo di un vigore desiderante che si nutre dell’irrazionale. Ed è nell’impossibilità di una reale compensazione, nell’illogicità di un’ossimorica rimozione del rimosso, che Frances si lascia andare ad una presenzialità differente, ebbra e maniacale, nonché all’insorgenza di un sentimento delirante e primordiale sorto dalla difficoltà di fare i conti con le proprie mancanze e con i propri vuoti, una hybris incontrollata e incontrollabile che, suo malgrado, non può che definire la sua intera esistenza.

Daniele Sacchi