“Summer of Soul” di Ahmir Questlove Thompson – Recensione

Summer of Soul

In Italia è stato presentato per la prima volta al festival Seeyousound, nel mondo ha avuto un anno di successi e riconoscimenti in numerosi festival e premi (in ultimo, ma sicuramente non per importanza, ha vinto l’Oscar come miglior documentario agli ultimi Academy Awards): si tratta di Summer of Soul (…Or, When the Revolution Could Not Be Televised), il pluripremiato documentario di Ahmir “Questlove” Thompson, ora in streaming su Disney+.

Nel 1969 ad Harlem si tenne un enorme concerto di musica nera. Per sei settimane, sul palco allestito nel Mount Morris Park, si alternarono attivisti e artisti di portata internazionale: nomi come Stevie Wonder, Nina Simone, Mahalia Jackson, Gladys Knight, Sly & the Family Stones furono parte di una lineup ricca di talento e di speranza per il futuro.

Summer of Soul

Al festival parteciparono migliaia di persone, un evento dalla portata enorme in cui intervenne anche il sindaco di New York. Eppure, una volta concluso il concerto, le oltre 40 ore di girato finirono in un magazzino, praticamente inutilizzate fino alla loro riscoperta nel 2004, e solo oggi Ahmir Thompson riesce finalmente a realizzare un documentario sull’evento.

Il film non è soltanto una ricostruzione di quei giorni carichi di gioia e di speranza, ma è anche un’indagine sui motivi che hanno portato la pellicola ad un oblio così protratto. Summer of Soul evidenzia come la storia della cultura afroamericana sia stata cancellata e come effettivamente ci sia una grossa porzione di storia occidentale che per decenni è stata semplicemente ignorata. Allo stesso tempo, però, il documentario è rappresentativo di come movimenti come Black Lives Matter, negli ultimi anni, abbiano portato ad un effettivo cambiamento nella società contemporanea, se non altro quanto basta perché i riflettori vengano finalmente puntati su eventi fino ad oggi trascurati.

Summer of Soul

A guardare il film di Questlove viene da domandarsi perché non ci siano documentari presenti nella sezione Best Editing degli Oscar. Il lavoro di Joshua L. Pearson è infatti fondamentale per districare l’enorme matassa di girato: le riprese dell’evento sono alternate a immagini di repertorio e a riprese inedite dei protagonisti di quei giorni (partecipanti e musicisti) che si rivedono per la prima volta sullo schermo. Le loro voci fungono da chiave per la segmentazione del girato, che emerge dalle connessioni dei ricordi.

Summer of Soul non è solo un ottimo documentario per chiunque ami la musica, è anche un film sul cambiamento che, senza mai dirlo esplicitamente, indaga su come sia mutata nel tempo la nostra percezione di determinati problemi sociali, oltre ad essere un’effettiva richiesta verso un ulteriore cambiamento: una richiesta che è avvenuta a gran voce, ma che per cinquant’anni è rimasta inascoltata, a prendere polvere in qualche magazzino. Forse i tempi sono maturi perché queste voci possano finalmente essere sentite.

Gianluca Tana