“Them” di Little Marvin – Recensione

Them

Sulla scia del successo di pubblico e critica dei lavori di Jordan Peele, Prime Video ha rilasciato una nuova serie antologica destinata a far parlare di sé, sia per la qualità visiva sia grazie agli argomenti importanti e contemporanei di cui tratta. Them, infatti, narra le vicende di una delle tante famiglie afroamericane che, durante la cosiddetta “Seconda grande migrazione”, decisero di trasferirsi dagli Stati secessionisti del Sud Est ai più apparentemente accoglienti Stati della costa Ovest degli Stati Uniti d’America, sognando una vita libera e soddisfacente.

La serie si apre immediatamente con un incubo: non sappiamo, infatti, se quello a cui stiamo assistendo sia un ricordo o un brutto sogno della protagonista. Ci troviamo, così, all’interno dei pensieri di Emory, un’elegantissima donna, madre di due bambine, che si trova in viaggio assieme alla sua famiglia verso un idilliaco quartiere residenziale alle porte di Los Angeles. Ecco, quindi, che regia e montaggio mettono sin da subito le cose in chiaro: quello a cui stiamo assistendo non si può definire realtà o finzione, poiché da un lato il tutto potrebbe sembrare semplicemente un incubo ma dall’altro potrebbe anche benissimo equivalere alla realtà.

Immediatamente, la famiglia si trova a fare i conti con la brutalità dei loro stessi vicini di casa. Il quartiere in cui hanno scelto di abitare è, infatti, un tipico quartiere bianco degli anni Cinquanta e la loro presenza non passa inosservata agli altri abitanti del “perfetto” neighborhood americano. Non appena varcata la soglia di casa – quella che dovrebbe essere una protezione e un luogo sicuro – la famiglia di Emory viene presa d’assalto psicologicamente e fisicamente per fare in modo che se ne vada al più presto dal quartiere, in quanto “stranieri” non desiderati.

Them

A irrompere con forza nella casa di Emory è l’odio, il razzismo preponderante degli abitanti di questa “perfetta” cittadina che, pur non accorgendosene inizialmente, prima ancora di esercitare l’azione di opprimere figurano loro stessi come degli oppressi. Questa è proprio l’interessante riflessione che Them opera dal punto di vista critico e sociale. Them è, infatti, un pronome personale che sta ad indicare “loro”, ovvero quel gruppo di persone che non fanno parte della nostra sfera personale e che, per questo motivo, vengono separate da una barriera immaginaria che non li fa includere nel nostro mondo, nel “noi”. Ma è veramente così o siamo semplicemente noi quelli che costruiscono questa fantomatica barriera linguistica e sociale? Them dimostra proprio questo. La serie, pur concentrandosi sulla narrazione degli avvenimenti accaduti alla famiglia di Emory, dà voce anche agli oppressori, alle famiglie del vicinato. Se inizialmente siamo portati ad identificare nei “nemici” i sempreverdi razzisti uomini bianchi – casa, chiesa e razzismo – con il passare delle puntate ci rendiamo conto che anche gli oppressori sono, in realtà, oppressi da loro stessi. Un ciclo vizioso, quello dell’oppressore oppresso, che anche in questo caso fa riflettere sulla palese inconsistenza dei tanto millantati princìpi che il vicinato intero porta avanti in contrasto con i forestieri rappresentati dai nuovi arrivati in città.

In questo caso, come anche in Get Out e Us di Jordan Peele, il genere horror si inscrive e si interseca con la realtà storica di una comunità da sempre perseguitata, ricorrendo, di volta in volta, a quelli che sono i punti cardini del genere alla narrativa storico-sociale che vede come protagonisti gli afroamericani. Ed è proprio in questo parallelismo tra realtà e orrore che il contemporaneo vuole riflettere. Una dicotomia evidente anche nei fratti di cronaca che oggi sbalordiscono il mondo intero poiché accessibili a tutti. Può davvero esistere una violenza così gratuita come quella che ci viene mostrata in Them o in altri prodotti simili? Sì, è sempre esistita e oggi, grazie anche alle tecnologie digitali, ne siamo però tutti testimoni.

Them, dunque, ci mostra un orrore lontano nel tempo e nello spazio, che quindi non abbiamo vissuto direttamente, per renderci testimoni più consapevoli dell’Oggi e fautori di libertà ed eguaglianza del Domani.

Erica Nobis