“Una donna promettente” di Emerald Fennell – Recensione

Una donna promettente

Una donna promettente (Promising Young Woman il titolo originale) è un film del 2020 nonché esordio alla regia dell’attrice inglese Emerald Fennell. È anche il quinto lungometraggio della LuckyChap, casa di produzione che vede tra i suoi fondatori Margot Robbie e che si concentra soprattutto su prodotti al femminile, non specificamente per donne, spesso di donne, ma che mettono in luce tematiche purtroppo ancora molto attuali. Tra i titoli principali I, Tonya (Gillespie, 2017) e la serie TV Dollface (Weiss, 2019 – in corso).

La “donna promettente” del titolo è Cassandra (interpretata da Carey Mulligan), una cameriera che ha abbandonato gli studi in medicina a seguito della violenza subita dalla sua migliore amica e insabbiata dalle autorità e dalla stessa università, fino a portare l’amica al suicidio. Cassandra, che come nella mitologia greca fu condannata a rimanere inascoltata, vive un’esistenza ovattata, annichilita dal trauma sempre presente nei suoi pensieri. L’obiettivo della protagonista è quello di ricevere giustizia per l’amica, di vendicarne la morte. Solo alcuni dei colpevoli hanno un volto e un nome, la vendetta si estende quindi a chiunque si renda partecipe in maniera diretta o meno di violenza, dagli uomini che si approfittano delle ragazze ubriache in discoteca alle donne che sminuiscono la vittima.

Una donna promettente

Negli ultimi anni il cinema americano ha ampiamente voluto denunciare i principali bias della società, ma il problema del cinema che vuole essere, in un certo senso, politico è il rischio di scadere o, peggio, di comunicare un messaggio in maniera talmente banale da ottenere l’effetto opposto, cioè di allontanare il pubblico da una causa. Non è questo il caso, l’importante carico tematico è ben custodito da una narrazione abilmente orchestrata. Una storia che si dispiega man mano, con un ritmo equilibrato capace di insinuare il dubbio nello spettatore, alimentandone le speranze, fino al suo agghiacciante scioglimento che porta con sé l’amara riflessione sulla difficoltà delle vittime di violenza di essere ascoltate. Nonostante l’argomento trattato, la narrazione regala anche dei momenti leggeri, ma non superficiali. È forse nelle scene più leggere che il trauma di Cassie emerge con più potenza.

Per concludere, in Una donna promettente non vi sono né simbolismi né virtuosismi d’autore, ma una protagonista pronta a tutto e una storia ben raccontata, elementi più che sufficienti per un film trattato piuttosto male agli Oscar in una stagione cinematografica alquanto carente. Un’opera capace tanto di denunciare quanto di intrattenere.

Alberto Militello