“A Venezia… un dicembre rosso shocking” di Nicolas Roeg – Recensione

A Venezia... un dicembre rosso shocking

A Venezia… un dicembre rosso shocking (1973) è il pittoresco titolo scelto per la versione italiana del film Don’t Look Now di Nicolas Roeg, un thriller-horror capace di mescolare sapientemente la dimensione sovrannaturale con l’introspezione psicologica. A differenza delle opere argentiane, per fare un paragone, il film del regista britannico (peraltro accostabile per il tono e le modalità di sviluppo dei suoi nodi narrativi proprio a Phenomena di Dario Argento, uscito nel 1985) si focalizza maggiormente sul secondo aspetto, cercando infatti di scavare a fondo nella mente dei suoi protagonisti.

La trama segue a tal proposito il percorso di elaborazione del lutto di John (Donald Sutherland) e di Laura Baxter (Julie Christie), una coppia inglese che, come mostrato in apertura del film, si trova ad assistere alla tragica scomparsa della figlia minore Christine. Dopo essersi trasferiti a Venezia per gli impegni lavorativi di John, chiamato dal vescovo (Massimo Serato) a coordinare il restauro della chiesa di San Nicolò dei Mendicoli, Laura cade in depressione. Tuttavia, l’incontro con la sensitiva Heather (Hilary Mason) e la sorella Wendy (Clelia Matania) sembrerà inizialmente rinvigorire Laura, in forte contrasto con lo scetticismo di John nei confronti delle capacità spiritiche dell’anziana signora.

Il modo in cui Roeg decide in A Venezia… un dicembre rosso shocking di mostrare allo spettatore l’evento traumatico che colpisce inesorabilmente i due coniugi in apertura è sintomatico dell’intera esperienza cinematografica che il film vuole gradualmente costruire. In particolare, il montaggio con il quale la sequenza della morte di Christine viene orchestrata vuole non solo suscitare un preciso sentimento di inquietudine per poi ripresentarlo più volte nel corso della pellicola, mantenendo così l’aspetto traumatico impresso vividamente nella memoria dello spettatore, ma anche creare delle forti associazioni tra John e l’ambiente che lo circonda.

A Venezia... un dicembre rosso shocking

In una commistione enigmatica tra montaggio alternato e parallelo, l’oggettività della morte della bambina viene legata alla percezione soggettiva del protagonista del film, presentando una dialettica dell’immagine cinematografica che ha sia una finalità narrativa, nella mera rappresentazione dell’evento, sia un’autoreferenzialità che prefigura il ricorso successivo ad elementi mistici e sovrannaturali. Inoltre, dai modi in cui Heather comunica a Laura di aver visto lo spirito di Christine seduto accanto a lei e al marito, con la macchina da presa che indugia a più riprese sulla cecità dell’anziana, insieme alle premonizioni di John, l’incidente nella chiesa sino ad arrivare al rocambolesco e bizzarro finale, il filo conduttore che lega gli eventi di A Venezia… un dicembre rosso shocking è presto evidente: nella compenetrazione tra narrazione e forma, le scelte registiche di Roeg si muovono apertamente verso una direzione puramente espressiva del medium cinematografico.

La splendida cornice della Venezia degli anni ’70, a sua volta vera e propria protagonista della pellicola, supporta ulteriormente questa ricerca dell’espressività. I canali, le calli, i ponti della città appaiono presto come un labirinto per John, diventando metafora reale e tangibile della sua condizione psicologica. L’incapacità di accettare la morte della figlia, filtrata dalla protezione dello scetticismo, insieme alla pressione del lavoro e ai tentativi di supportare Laura nella sua lotta con la depressione, senza tralasciare la presunta minaccia alla stabilità famigliare rappresentata da Heather e Wendy, finiscono per sconvolgere la psiche dell’uomo, portandolo a interpretare negativamente ogni cosa che vede.

La città inoltre è sconvolta per le attività recenti di un serial killer, che infine contribuiscono ad alimentare ulteriormente l’instabilità psicologica di John. Sebbene il subplot noir sia apparentemente marginale nell’economia complessiva della trama di A Venezia… un dicembre rosso shocking, in chiusura risulterà un tassello fondamentale per permettere allo spettatore di comprendere realmente tutto ciò che John non è stato in grado di vedere con i suoi stessi occhi, accecato dal suo eccessivo pragmatismo. Nicolas Roeg scava nelle profondità dell’animo umano e riesce così a dar forma all’inspiegabile, traducendolo in immagine cinematografica.

Daniele Sacchi