“After Love” di Aleem Khan – Recensione

After Love

After Love è il buon esordio alla regia per Aleem Khan, attualmente candidato per quattro BAFTA e protagonista indiscusso dei recenti British Independent Film Awards, durante i quali ha conquistato ben sei premi, tra cui miglior film, miglior regia e miglior attrice. Mary, la figura centrale di After Love interpretata da una bravissima Joanna Scanlan, è il cuore pulsante di un’opera che, pur prendendo le mosse da un soggetto semplice, cerca di sviscerare in profondità i percorsi tortuosi dell’animo, tra amore, rancore, volontà (e necessità) di comprendere l’altro, bugie e mezze verità.

Durante la sequenza iniziale del film facciamo la conoscenza di Mary e del marito Ahmed. È una serata tranquilla e apparentemente normale, ma durante una conversazione tra i due, Ahmed smette improvvisamente di rispondere. La sua morte inaspettata è un duro colpo per Mary, la quale dovrà fare i conti poco tempo dopo con un nuovo shock. La donna scopre infatti che Ahmed si teneva da tempo in contatto con una donna di nome Genevieve (Nathalie Richard) e decide di indagare attivamente sulla questione, raggiungendo Genevieve in Francia e facendosi assumere come domestica. In questo contesto singolare, Mary si troverà a mettere in dubbio tutte le sue certezze e, da un certo punto di vista, la sua identità.

After Love

L’intreccio di After Love si disvela tra spazi domestici che, da simbolo di sicurezza e tranquillità, si tramutano progressivamente in universi di incomprensioni, di nuove scoperte, di riletture della realtà. È sintomatico, da questo punto vista, il fatto che la ricerca della verità sia condotta all’interno di uno spazio, quello abitativo, che non è di Mary, bensì quello di Genevieve e del figlio Solomon (Talid Ariss), con la loro realtà familiare che non può far altro che compenetrarsi inevitabilmente con quella della protagonista e di Ahmed. Saranno le scoperte che Mary farà in Francia, un contesto lontano ed estraneo ma che presto diventerà più vicino che mai, a spingerla a riflettere inesorabilmente sul suo passato, sul significato del suo matrimonio e, in parallelo, sulle sue stesse decisioni di vita.

Per Mary, che ha anche deciso di convertirsi alla religione di Ahmed, le rivelazioni sul marito non significano solamente il dover riassestare il proprio sguardo nei confronti di ciò che la sua relazione è stata e di ciò che ha rappresentato, ma si proiettano anche al di là dell’amore, abbracciando pienamente la sua identità personale. “After Love”, appunto. La necessità principale è quella di un nuovo orientamento dello spirito, una pratica che parte dall’accettazione e dalla rielaborazione del passato e si muove verso la ricerca di una differente predisposizione e attitudine nei confronti del presente. In tal senso, il dover interagire quotidianamente con Genevieve e, soprattutto, con Solomon, non potrà che essere per Mary, oltre che ad un continuo processo di scoperta, un modo effettivo per infine far pace con se stessa e con i propri traumi interiori. Il lungometraggio di esordio di Aleem Khan è una sorpresa genuina, un racconto intimo e sincero trainato da una grande protagonista.

Daniele Sacchi