Athena, la recensione del film di Romain Gavras (Venezia 79)

Athena

Athena, terzo lungometraggio per il regista e videomaker francese Romain Gavras (qui il trailer), è un’esperienza folgorante. Il film – realizzato per Netflix e in concorso alla 79esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia – è co-sceneggiato con Ladj Ly, autore del sovversivo (e bellissimo) I miserabili del 2019, ed è proprio il microcosmo delle banlieue parigine a darsi nuovamente come il vero protagonista del racconto.

A metà tra film di denuncia sociale e parabola universale, Athena raccoglie un’idea diffusa nel cinema europeo contemporaneo (specialmente francese), ossia la rappresentazione di un preciso disagio post-globalizzazione, individuando però una chiave di lettura differente e di profondo impatto. Il punto di partenza del film è la morte del fratellino del poliziotto Abdel e del giovane Karim, vittima di un presunto scontro con la polizia. Il tragico evento rappresenta la goccia che fa traboccare il vaso, portando progressivamente al culmine le tensioni tra i ragazzi della banlieue Athena e la polizia, dando così il via ad un effetto domino irrefrenabile che non potrà che condurre alla guerriglia più dura e cruda.

Il registro estetico è quello urbano alla Gomorra (la serie) ma portato visivamente all’estremo, tra virtuosismi registici spettacolari e piani sequenza al cardiopalma, mentre la natura del racconto richiama da vicino, oltre che I miserabili, anche il danese Shorta. Athena, tuttavia, si spinge più in là: lo scenario tratteggiato da Romain Gavras e Ladj Ly, infatti, si allontana facilmente dai confini spaziali che lo legano principalmente alla sfera francese per proporsi come una vera e propria metafora globale.

E, soprattutto, Athena è una dichiarazione politica enorme, una totale denuncia nei confronti dei reali responsabili che si celano dietro all’emergere di certe dinamiche, gli sfruttatori del disagio pubblico, nonché gli aizzatori dell’odio che per portare avanti i propri interessi si cibano del dolore e del risentimento altrui. In quanto «moderna tragedia greca» (così l’hanno definita Romain Gavras e Ladj Ly), il destino dei personaggi di Athena è segnato da fili invisibili tracciati dai veri dominatori del caos, in un contesto dove l’amore familiare e qualsiasi idea di giustizia cessano di avere alcun significato, perché in realtà è tutto già scritto e determinato.

Tra sequenze d’azione over the top, cori impetuosi (un altro rimando alla cultura greca antica) e parallelismi con la realtà, Athena si afferma come lo specchio effettivo di una tragedia più ampia e reale, che risiede là fuori, al di là dei confini dello schermo, plasmandosi giorno dopo giorno e annidandosi tra le pieghe della quotidianità, nei discorsi di tutti i giorni, nelle battaglie (giuste o sbagliate che siano), nelle questioni politiche e non. Athena è il riflesso e il simbolo di una guerra che è già in corso, una guerra che riguarda tutti noi e che, prima ancora che sul campo, si combatte sul profilo delle idee.

Le recensioni di Venezia 79

Daniele Sacchi