“Dick Johnson è morto” di Kirsten Johnson – Recensione

Dick Johnson è morto

Richard “Dick” Johnson è uno psichiatra clinico in pensione, un uomo di 86 anni, un padre e un vedovo. È affetto da demenza senile e con il tempo la sua situazione diventa sempre più difficile, al punto che arriverà presto a perdere la memoria a breve termine. Kirsten Johnson, premiata regista di documentari, decide di raccontare la storia della malattia del padre con tenerezza ed ironia. Il film Dick Johnson è morto, in catalogo su Netflix, nasce da un’idea antitetica al suo titolo: dimostrare che Dick Johnson è ancora vivo e vegeto.

Dopo aver perso la madre per il morbo di Alzheimer, la tragedia incombe nuovamente sulla famiglia di Kirsten Johnson: a suo padre viene diagnosticata la demenza. Avendo già vissuto quella situazione, entrambi sanno che ciò che sta per manifestarsi è il declino inesorabile delle capacità dell’uomo. Dick Johnson è morto, però, non si limita alla semplice documentazione della situazione, riesce a spingersi oltre. Le immagini della quotidianità della vita di padre e figlia sono inframmezzate da riprese di finzione in cui Dick muore di morte violenta, con stuntman che precipitano e che vengono colpiti da diversi oggetti. Le divertenti ed esagerate scene in cui l’uomo viene ucciso, insieme alla sua grande autoironia e capacità di ridere della disgrazia, riescono a dare al film un tono agrodolce, in cui al sorriso si affianca immancabilmente l’amarezza della consapevolezza di un futuro ineluttabile, riuscendo a raccontare la malattia senza facili patetismi o vittimismo, ma con intelligenza e affetto.

Dick Johnson è morto

Il film è una grande riflessione meta-cinematografica su cosa ci definisce come esseri umani e sulla memoria, intesa in una doppia chiave: memoria personale e memoria collettiva. Da una parte, Dick Johnson sta morendo, non perché colpito da un infarto, investito da un’auto o colpito in testa da un condizionatore: la sua è una lenta morte della persona, causata dalla perdita dei suoi ricordi, delle esperienze che lo hanno plasmato nel corso del tempo, arrivando a definirlo come individuo.

Allo stesso tempo, però, Dick Johnson continua a vivere nei ricordi condivisi dagli amici, dalla figlia, dai nipoti, e ora anche dagli spettatori. Il film di Kirsten Johnson è una dimostrazione della capacità magica del cinema – e dei mezzi di riproduzione tecnica – di “allungare la vita” dei suoi protagonisti oltre la sua durata naturale. Anche se la persona di Dick Johnson è mortale e, come noi tutti, destinata a scomparire, l’uomo continuerà a vivere fintanto che esisterà qualcuno in grado di ricordarsi di lui. Kirsten Johnson riesce a realizzare una grande lettera d’amore al padre, in grado di stimolare risate e riflessioni, e che sembra urlare in ogni suo fotogramma: «lunga vita a Dick Johnson».

Gianluca Tana