Rincorriamo quotidianamente il tempo, e anche quando riusciamo ad afferrarlo, spesso non sappiamo come utilizzarlo consapevolmente, e così trascorrono uno, due, tre anni e neanche ce ne accorgiamo. Con Era ora, Alessandro Aronadio raccoglie proprio questa suggestione, regalandoci una commedia dal gusto tenero e amaro allo stesso tempo, uno di quei piccoli tesori che di tanto in tanto si trovano sulle piattaforme streaming (il film è infatti stato rilasciato unicamente su Netflix).
Dante (Edoardo Leo) è un impiegato in un’agenzia di assicurazioni, non ha un ruolo importante, ma dedica la vita al lavoro, e inghiottito dalla sua routine trascura affetti e relazioni. Improvvisamente, la notte del suo quarantesimo compleanno, Dante si addormenta e si risveglia esattamente un anno dopo. Iniziano così una serie di salti temporali che coinvolgono solamente lui e che, di anno in anno, lo portano a vivere la sua vita come se non gli appartenesse. Ogni anno – o meglio, ogni giorno – Dante si sveglia e guarda indietro, cerca di capire chi è diventato nel corso dell’anno passato, completamente in balia del tempo che passa, senza alcun controllo. La tecnologia, i comportamenti, la società, il suo corpo: tutto cambia, così come la figlia il cui nome fatica a ricordare.
Era ora è il remake del film australiano del 2021 di Josh Lawson, Come se non ci fosse un domani – Long Story Short, una commedia con un tono decisamente più leggero – ed è anche impossibile non rivederci qualcosa di Ricomincio da capo (Groundhog Day, Harold Ramis, 1993). Nel film di Aronadio non mancano la leggerezza e i momenti comici, ma proprio per questo la natura del discorso più profondo riesce ad emergere in maniera ancora più forte. Già la scelta del nome del protagonista diventa emblematica, non si può infatti nominare Dante senza implicare un percorso, una trasformazione, un viaggio verso la redenzione e infatti sono tutti passi che il protagonista compie.
Capiamoci, Era ora non è un film perfetto – la critica velata alla tecnologia e all’uso dei social, ad esempio, suona sempre un po’ semplicistica e banale – ma come dialogo sul tempo perso, e sulla mancanza del tempo nella vita di tutti i giorni, è un successo. Edoardo Leo è ormai una certezza del cinema italiano, un attore forse non camaleontico come Pierfrancesco Favino, ma capace di adattare quella sua maschera per veicolare un’umanità sempre autentica nei diversi contesti in cui si trova a recitare, un po’ come come faceva Nino Manfredi, a cui l’attore stesso ha dichiarato di riferirsi.
Nel complesso, Era ora è un film che scalda il cuore e lascia con sorriso dal retrogusto amaro, un invito a prendere in mano la propria vita, o meglio, il proprio tempo. Guardandolo da una prospettiva meramente “industriale”, invece, è un film che dimostra uno degli effetti più interessanti che le piattaforme hanno avuto per il cinema e soprattutto verso quei paesi che – per limiti linguistici o economici – non riescono a emancipare la loro produzione cinematografica, ovvero permette di sperimentare variazioni sul genere, magari con budget un po’ più comodi e con percentuali di rischio inferiori e forse con un pochino in più di libertà rispetto al classico film “per la TV”. Detto questo, Era ora è un film che sicuramente avrebbe fatto una gran bella figura anche con un passaggio in sala.
Alberto Militello