Leila e i suoi fratelli, la recensione del film

Leila e i suoi fratelli

Taraneh Alidoosti, volto noto del cinema di Asghar Farhadi, interpreta la determinatissima Leila nel dramma iraniano Leila e i suoi fratelli, il terzo lungometraggio diretto e sceneggiato da Saeed Roustaee. In lizza per la Palma d’oro durante l’ultima edizione del Festival di Cannes e ora in sala nel nostro Paese grazie a I Wonder Pictures, il film di Roustaee è un ottimo esempio di un cinema di denuncia potente, in grado di dimostrarsi incisivo e tagliente attraverso la sua vigorosa critica sociale.

La trama ruota attorno a Leila, una donna di 40 anni non sposata, e alla sua famiglia. Leila, infatti, ha trascorso la maggior parte della sua vita a prendersi cura dei suoi genitori e dei suoi fratelli, ma sente la necessità di dover cambiare tutto con una piccola rivoluzione. Le condizioni economiche in cui versa la famiglia non sono delle migliori, tra debiti, disoccupazione e l’inflazione opprimente, ma Leila ha un’idea che potrebbe salvarli: avviare un’attività di famiglia, una scelta che, al contrario, la condurrà presto a scontrarsi con il conservatorismo paterno.

Nonostante un runtime eccessivo e una prima parte in cui l’intreccio fatica ad ingranare, Leila e i suoi fratelli riesce infine ad individuare un campo d’indagine proficuo nell’esame dei rapporti che uniscono e che in alcune istanze invece separano irrimediabilmente i protagonisti del film. Dilemmi morali personali e questioni etiche si scontrano con l’insorgenza della tradizione, minando gli equilibri già precari della famiglia di Leila. Figura chiave per l’operazione di denuncia mossa da Saeed Roustaee con il suo film è il padre della donna, Esmail, costantemente umiliato dalla comunità e alla ricerca di una rivalsa personale, ma allo stesso tempo incapace di razionalizzare lo stato di estrema instabilità economica ed umana in cui riversa la sua famiglia.

Se da un lato Esmail viene sottoposto ad un processo sociale in cui appare di fatto come vittima, prima ostracizzato e poi trasformato in capro espiatorio (memorabile, in tal senso, la sequenza del ricevimento del matrimonio), dall’altro lato l’uomo è ciò che di fatto impedisce – e che, sotto una certa angolazione, ha sempre impedito – alla sua stessa famiglia di emergere, condannandola ad un’esistenza modesta e mediocre. Importante, da questo punto di vista, è la scelta di Roustaee di centralizzare in una figura femminile forte e combattiva tutto il potenziale salvifico di cui la famiglia ha disperato bisogno. Leila e i suoi fratelli possiede – inaspettatamente – le qualità di una vera e propria tragedia domestica, dove i drammi del singolo nucleo familiare si ergono a manifesto universale in grado di mettere in luce le contraddizioni di un intero Paese.

Daniele Sacchi