“Malcolm & Marie” di Sam Levinson – Recensione

Malcolm & Marie

Dopo la première del suo ultimo lavoro, un regista (John David Washington) e la sua fidanzata (Zendaya) rientrano nella propria casa e, a causa di un mancato ringraziamento verso i suoi confronti durante la serata, la giovane donna si risente verso il compagno. Questo è l’incipit di Malcolm & Marie, lungometraggio scritto e diretto da Sam Levinson, autore noto soprattutto per il suo lavoro con la serie televisiva – già cult – Euphoria. Il progetto è stato il primo prodotto audiovisivo ad essere completato dopo il primo lockdown legato al Covid-19 ed è stato girato da una ristretta troupe proprio nel bel mezzo della pandemia: una caratteristica, questa, molto interessante che avrebbe potuto anche essere “palesata” nella fase produttiva del film stesso, un escamotage per poter affrontare la contemporaneità nel modo più attuale possibile ma che, purtroppo, si è scelto di non considerare.

È proprio la mancata presenza di una lettura realmente contemporanea che fa di questo film quasi un semplice esercizio di stile, più vicino ad un flusso di coscienza del suo autore che ad un reale confronto di coppia. Infatti, il mancato ringraziamento verso Marie innesca un pesante confronto verbale tra i due protagonisti che, con il passare dei minuti, arriva a toccare diversi argomenti che escono dalle dinamiche relazionali per dare voce a tematiche sociali, culturali e, soprattutto, cinematografiche.

Ma questa scelta molto didascalica non è forse un ritorno indietro rispetto ai grandi passi compiuti dal cinema contemporaneo? Quella che in Euphoria risulta essere una scrittura intelligente che va oltre alla semplice discorsività arrivando a toccare argomenti molto difficili ma con parole sempre semplici e dirette, in Malcolm & Marie si perde rendendo tutti i dialoghi ridondanti e ripetitivi. Qualcuno potrebbe ribattere dicendo che i dialoghi di Malcolm & Marie parlano dell’oggi in tante forme, sì: ma basta accennare un argomento contemporaneo per essere contemporanei?

Malcolm & Marie

La naturalezza e l’istintività che solitamente permeano un confronto di coppia (vedi la bellissima e toccante scena tra Adam Driver e Scarlett Johansson in Marriage Story) in questo caso non emergono, lasciando invece molto spazio a discorsi aulici e impostati che da una parte esaltano la bravura e la chimica dei due attori protagonisti ma che dall’altro lato rendono l’intero confronto emotivamente poco coinvolgente. È anche per questo motivo che le parti più emozionanti e rilevanti del film sono da trovare nei rari ampi respiri che Levinson concede ai due attori. In questi momenti, infatti, l’espressività e l’emotività ci vengono comunicate dalle bellissime interpretazioni silenziose di Washington e Zendaya che, liberati dai fiumi di parole che occupano la loro (e la nostra) concentrazione, si godono questi esclusivi momenti di quiete sonora.

Malcolm & Marie finisce di fatto per apparire come fin troppo pretenzioso, date le sue premesse, e sfacciatamente autoriale. Un’autorialità che, però, Levinson in qualche modo si auto-concede ma che, allo stesso tempo, si auto-sabota. Perché scegliere di utilizzare un 35mm bianco e nero e poi far giustificare questa scelta dal tuo protagonista? È solamente una delle tante domande che emergono dopo la visione del film, segno comunque che di Malcolm & Marie se ne parla e se ne discute, non importa se bene o male.

Probabilmente l’errore più grande che è stato fatto nella realizzazione dell’opera è stata la scelta del formato. Sicuramente un corto o mediometraggio avrebbero potuto emergere come soluzioni migliori per il tipo di storia scelta, in modo tale che la stessa sceneggiatura non risultasse così ricca e ripetitiva. Alcune volte, di fatto, sarebbe meglio che il cinema continuasse ad esprimersi per immagini piuttosto che abusare del dialogo.

Erica Nobis