“Renaissance” di Walerian Borowczyk – Recensione

Renaissance

Walerian Borowczyk è un autore conosciuto soprattutto per il suo cinema erotico dai forti tratti surreali, trasgressivi e sensuali, come riscontrabile nel celebre Racconti immorali (1974) o in film come La bestia (1975) e Tre donne immorali? (1979). Borowczyk inizia però la sua carriera realizzando numerosi corti animati, opere spesso molto brevi e scarne che anticipano la natura irriverente della sua cinematografia successiva. La summa di quest’indagine estetica preliminare di Borowczyk è Théâtre de Monsieur & Madame Kabal (1967), il suo primo lungometraggio nonché la sua ultima produzione a ricorrere alla tecnica animata, ma già nel corto Renaissance (1964) è possibile individuare una serie di elementi che ci suggeriscono ampiamente il carattere visionario del grande regista polacco.

Renaissance, realizzato con la tecnica di ripresa a passo uno (la stop-motion), ci mostra la “rinascita” di alcuni oggetti distrutti. Una tromba, un gufo impagliato, alcuni libri, un tavolino: gli oggetti ritornano “in vita” dalle macerie, ricomponendosi uno dopo l’altro. Non ci è dato sapere, perlomeno inizialmente, il perché gli oggetti siano stati fatti a pezzi. Sembra quasi di trovarsi di fronte ad una composizione filmica di Jan Švankmajer, con punti di riferimento però ben differenti. Ci troviamo infatti nel territorio di un certo astrattismo che Walerian Borowczyk richiama immediatamente all’inizio del cortometraggio con una dedica esplicita nei confronti del fotografo e regista Hy Hirsh. Borowczyk non sembra in realtà interessato a replicare le intuizioni decostruttive di Hirsh, sebbene nella rappresentazione del “brandello” d’immagine si possano scorgere degli intenti simili.

Renaissance

La ricostruzione e “rinascita” dell’immagine nella sua integrità – il tentativo dunque di mettere in atto una ricomposizione di un intero compiuto – non sembra infatti procedere serenamente. In primo luogo Borowczyk restituisce allo spettatore una visione del medium cinematografico dal sapore magico, abbracciando direttamente il rapporto tra l’immagine e la sua temporalità. Lo svolgimento dell’azione di Renaissance non è rivolto verso il passato: gli oggetti si ricostituiscono nel presente, seguendo una consequenzialità dell’immagine che agisce paradossalmente come se fosse un processo inverso. La causa della distruzione ci viene mostrata solamente alla fine del corto, ristabilendo l’ordine – o meglio, il disordine – “iniziale”, un caos che già era dato ma che per ridiventare tale necessita l’intervento operativo dello sguardo spettatoriale. Senza il film non può esserci il disordine e quindi Renaissance ha bisogno di tornare indietro per legittimare e rendere reale la propria esistenza.

In secondo luogo, l’apparente ricomposizione degli oggetti avviene senza alcun intervento esterno. L’immagine cinematografica reintegra se stessa autonomamente, con un incedere surreale che forse chiarifica la sua reale natura. Ad ogni frame, è vero, corrisponde l’intervento di Borowczyk, ossia il regista e architetto che nel caso di Renaissance delinea ogni piccolo movimento di ciascun oggetto. Ma, se ci limitiamo ad osservare ciò che ci appare tra i confini dello schermo, ciò che ci rimane davvero è il puro movimento dell’immagine. Un’immagine che dunque si muove, che mira a riplasmare la propria integrità, ma che tuttavia non può che tornare ad essere un’entità isolata e singola, un frammento e brandello, distrutto e non ricomponibile.

Daniele Sacchi