The Addiction (1995) di Abel Ferrara è uno degli episodi più interessanti della sua prolifica filmografia, un’indagine brutale sul senso dell’esistenza umana mascherata da vampire movie atipico ed imprevedibile. Ferrara non ci pone di fronte, infatti, un semplice prodotto di genere, bensì – un po’ alla Romero, con la scelta del bianco e nero e di una serie di tematiche che come mood generale riportano alla mente La notte dei morti viventi (1968) – ad un ritratto cupo e filosoficamente pregno dell’umanità e del suo statuto. E, allo stesso tempo, è esattamente la filosofia ad essere attaccata nel film di Ferrara, disciplina incapace, secondo la protagonista del film Kathleen (Lili Taylor), di individuare una risposta razionale ai dolori e alle sofferenze provocate dall’uomo nel corso della storia.
Kathleen non è, inizialmente, così cinica e disillusa. Il punto di svolta per la ragazza avviene in un giorno come gli altri, dopo una giornata trascorsa alla New York University (nella quale studia proprio filosofia), quando incontra in un vicolo la vampira Casanova (Annabella Sciorra). Prima di morderla, Casanova vorrebbe quasi concedere alla ragazza la possibilità di salvarsi, ma Kathleen non coglie l’occasione – volutamente, sembrerebbe – e viene tramutata a sua volta in un vampiro. A partire da questo momento, l’attitudine individuale di Kathleen muta sensibilmente: la ragazza, mossa dalla sua rinvigorita disposizione identitaria ritiene ora di aver compreso che l’oggetto del proprio studio, il male, è una parte intrinseca della condizione umana e che la storia non è nient’altro che l’eterna affermazione di questa realtà.
Presto, per Kathleen, il male diventerà un’ossessione e una dipendenza, l’addiction del titolo. Per nutrirsi, la ragazza dovrà tramutare altre persone in vampiri, ponendoli a loro volta di fronte alla “verità”. La dimensione sessuale diventa il veicolo principale per diffondere la consapevolezza della natura umana, con diversi riferimenti all’HIV e alle malattie sessualmente trasmissibili chiaramente reiterati a più riprese nel corso della pellicola. Abel Ferrara ci parla per metafore, dunque, toccando anche il problema della tossicodipendenza, esemplificato dalla continua necessità percepita dalla ragazza di nutrirsi, di cercare di colmare il suo disagio esistenziale con la vuotezza di ciò che è effimero e transitorio. A tal proposito, l’enigmatico vampiro Peina (interpretato da Christopher Walken) si trova a giocare un ruolo fondamentale nel nuovo percorso formativo della ragazza, in particolar modo nel tematizzare le criticità delle dipendenze dell’uomo e ispirando Kathleen a concludere i propri studi rigettando le sue convinzioni precedenti e spingendola ad accettare la propria (im)moralità.
Abel Ferrara alterna le avventure notturne della ragazza con alcune immagini d’archivio sul massacro di Mỹ Lai, avvenuto durante la guerra del Vietnam, e sull’Olocausto, corroborando anche visualmente e non solo narrativamente il suo discorso sulla storia. In un oceano di oscurità e di terrore, The Addiction riesce in ogni caso a trovare spazio ad un’apertura, ossia alla possibilità di credere nell’erroneità della propria visione, una possibile svolta prospettica che però può passare solamente dal Cristianesimo. Un’apertura che si mostra solamente dopo un’orgia di dolore e sangue, che ricorda – in modo però differente – l’atto conclusivo de L’angelo della vendetta (1981), e che riafferma la natura terribilmente affascinante e provocatoria del cinema di Ferrara.
Daniele Sacchi