The Warrior – The Iron Claw, la recensione del film

The Warrior - The Iron Claw

Le dinastie del mondo del wrestling americano sono una parte integrante e fondamentale della disciplina. A partire dalla leggendaria famiglia Hart sino ad arrivare ai samoani Anoa’i (di cui fa parte The Rock, per citarne l’esponente più famoso), ogni dinastia si porta dietro, come una sorta di traccia storica, i suoi protagonisti e i suoi racconti, spesso espandendosi anche al di là dei confini dello sport in sé. The Warrior – The Iron Claw di Sean Durkin parla proprio di una di queste dinastie, lafamiglia Von Erich, e delle tragedie che ne hanno contrassegnato la storia.

Accompagnato da qualche polemica per l’omissione di uno dei fratelli Von Erich (Chris, morto suicida nel 1991), il film di Durkin è un biopic atipico, incentrato soprattutto sulla dimensione soggettiva del suo protagonista, Kevin, interpretato da un sorprendente Zac Efron. In realtà, i motivi dietro alla scelta di non indagare a fondo anche la storia di Chris sono immediatamente evidenti una volta conclusa la visione del film. The Warrior – The Iron Claw è una struggente esplorazione del trauma della perdita, nonché del fardello delle aspettative genitoriali, e aggiungere un tassello ulteriormente duro e gravoso avrebbe probabilmente reso troppo formulaiche le sue intenzioni.

Durkin sacrifica la pura fedeltà storica per concentrarsi sull’intensità drammatica che accompagna la storia di vita dei figli di Jack “Fritz” Von Erich, ex lottatore ora a comando della WCCW, federazione di wrestling affiliata al circuito NWA. Da un incontro all’altro, di storyline in storyline, la famiglia Von Erich lotta da anni per affermarsi come degna di poter competere per il titolo mondiale. Durkin evita di soffermarsi troppo sui meccanismi intrinseci dello sport-spettacolo, l’interesse registico e sceneggiativo al contrario è maggiormente focalizzato su due istanze ben definite: da un lato il dramma personale, vissuto attraverso l’ossessione, il sacrificio, la ricerca della validazione, e dall’altro lato la tragedia famigliare.

Zac Efron è perfetto nel catturare al meglio la complessità del mondo interiore del suo personaggio, teso tra la volontà di soddisfare i desideri paterni e la necessità di fare i conti con il peso incessante del dolore. The Warrior – The Iron Claw è un vero e proprio saggio sull’elaborazione del lutto, sulla sofferenza e sulla pressione individuale, sul trovare la forza di gestire l’insormontabile. Lontano dalla poetica della crisi – corporea e spirituale – di un’opera come The Wrestler, il film di Durkin è la messa in scena di un particolare tipo di fragilità, quella scaturita da una certa forma di mascolinità tossica, tramandata dal padre, con il quale Kevin, così come i suoi fratelli, deve costantemente scontrarsi e, suo malgrado, fare a patti.

La “maledizione” del cognome Von Erich, come viene definita nel corso del film, è l’apoteosi di questo processo perverso, dove il perseguimento del successo sportivo assoluto finisce per diventare l’unico mezzo per potersi determinare dinanzi agli occhi dell’Altro. La vera maledizione è l’apparente impossibilità – di derivazione anche sociale, figlia del mito del sogno americano – di sfuggire a tale processo, una consapevolezza in realtà fasulla che, ci insegnerà Kevin, potrà essere allontanata dal vigore di un pianto liberatorio e catartico.

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Daniele Sacchi