“A Quiet Place II” di John Krasinski – Recensione

A Quiet Place II

Come tutti sappiamo, la pandemia legata al diffondersi del Covid-19 non ha solamente causato la morte di milioni di persone ma ha anche messo in crisi la maggior parte dei settori lavorativi causandone addirittura il fallimento. Sicuramente questo non è né il luogo né il momento per ragionare sulle numerose vittime che, direttamente o indirettamente, questa pandemia ha mietuto ma sicuramente ci serve a comprendere in che modo settori come quello cinematografico abbiano affrontato la crisi derivante dai vari lockdown e dalle varie restrizioni che tutti i Paesi hanno vissuto in tempi recenti. A Quiet Place II è uno di quei prodotti cinematografici protagonisti dei numerosi rinvii che tantissimi titoli di punta del 2020 hanno – e stanno ancora – subendo.

Il primo capitolo del film esce nei cinema di tutto il mondo nel 2018 ed ha uno strepitoso successo di pubblico e critica. Girato con poco più di 17 milioni di dollari, il film incassa in tutto il mondo 340 milioni di dollari, diventando immediatamente uno dei casi emblematici dell’anno. Non passa molto tempo che, infatti, il regista e interprete John Krasinski annuncia di essere al lavoro sull’attesissimo sequel dell’opera. Una delle particolarità di A Quiet Place era che il film non forniva alcuna spiegazione né sull’arrivo sul nostro pianeta delle feroci e mostruose creature che mette in scena, né su come effettivamente la famiglia Abbott avrebbe potuto mettere fine all’ondata di morte causata da questi esseri.

A Quiet Place II parte proprio da queste mancanze narrative per affrontare proprio la vicenda legata alla sopravvivenza della sfortunata famiglia Abbott, dapprima “orfana” di uno dei figli e poi del padre, morto per salvare la sua prole. Il sequel mette subito in chiaro quale sia l’intento narrativo e lo fa aprendosi con una sequenza prequel ambientata nel “Day 1” dell’invasione aliena, lì quando tutto è cominciato, poco più di un anno prima di A Quiet Place. La regia di questa opening scene è veramente eccezionale, i long take alternati a un montaggio più adrenalinico esprimono al meglio l’incertezza e l’impreparazione dei protagonisti. Questa prima sequenza risulta, quindi, vincente ed emozionante, perfetta per preparare il pubblico alla tensione che proverà durante lo svolgersi degli eventi successivi dell’opera. Anche in questo caso, però, Krasinski non ci svela l’origine e le provenienza dei mostri ma si limita a mostrarci il loro arrivo e impatto con la Terra.

A Quiet Place II

La parentesi prequel termina tramite un gioco di inquadrature che, attraverso vari raccordi su oggetti o situazioni presenti in luoghi diversi (temporalmente e spazialmente), ci riportano direttamente alla fine diegetica del primo film, nel giorno 474, quando Evelyn (Emily Blunt) prende i suoi figli e decide di avventurarsi al di fuori della loro comfort zone. Questa seconda parte, però, non aggiunge molto alla diegesi già sviluppata nel film precedente, anzi, rende tutto il meccanismo molto ripetitivo poiché replica, appunto, ciò che pubblico e critica avevano più amato, ovvero il montaggio sonoro e quello visivo. Anche in questo caso, infatti, Krasinski sfrutta nel migliore dei modi la condizione della giovane Regan (Millicent Simmonds) per far calare lo spettatore nei suoi panni di persona non udente, togliendo completamente la traccia audio e aumentando, così, la tensione creata dalle situazioni mostrate. Ricordiamo, infatti, che i mostri di A Quiet Place sono alieni non vedenti e con un udito ipersviluppato, in grado di captare suoni quasi impercettibili all’udito umano e, per questo, super sensibili alle alte frequenze create dalle interferenze dell’apparecchio acustico di Regan a contatto con altri device elettronici. La condizione della ragazza è, quindi, ancora più pericolosa rispetto a quella dei suoi familiari poiché non si rende conto né dei rumori che provoca né dell’arrivo dei mostri.

Ecco quindi che, la tecnica dell’annullamento del sonoro quando si “entra” nello spazio vitale della ragazza è una mossa intelligente che aumenta la tensione dello spettatore poiché impreparato a ciò che sta per accadere. Peccato, però, che il continuo reiterare questo escamotage all’infinito risulti eccessivo e poco d’effetto quando lo spettatore inizia ad abituarsi al gioco. La ripetizione costante di questa tecnica – la mossa vincente del primo capitolo – non è, purtroppo, il solo problema di A Quiet Place II. Anche a livello narrativo, infatti, il film non riesce pienamente a soddisfare le aspettative create dall’episodio precedente, preoccupandosi di aggiungere personaggi poco approfonditi e deboli dal punto di vista narrativo invece di indagare più a fondo nell’intimità della psiche umana dei sopravvissuti all’invasione aliena. Infatti, sia l’inserimento di Emmett – interpretato da un eccessivamente misurato Cillian Murphy – sia la presentazione di una famigerata “tribù delle barche” (nonché la presenza degli isolani sopravvissuti) sembrano operazioni narrative di bozza, inesplorate adeguatamente per lasciare forse spazio ad un molto probabile capitolo conclusivo

Insomma, A Quiet Place II riesce nuovamente nell’intento di intrattenere e mantenere il pubblico con il fiato sospeso ma, purtroppo, lo fa in maniera blanda e poco soddisfacente, lasciando la narrazione nuovamente in sospeso (forse troppo) in attesa del terzo film del franchise. Se questa mossa avrebbe potuto funzionare con la produzione di un solo e unico film (il primo), con l’arrivo del secondo capitolo le mancanze narrative tendono a farsi sentire eccessivamente, preannunciando un futuro troppo cucito sulle mancanze – inizialmente non previste – dei suoi precedenti episodi.

Erica Nobis