Anatomia di una caduta di Justine Triet, la recensione

Anatomia di una caduta

Con Anatomia di una caduta, film vincitore della Palma d’oro all’ultima edizione del Festival di Cannes e ora nelle sale italiane grazie a Teodora Film, Justine Triet mette in scena una vera e propria dissezione di una relazione coniugale. Si tratta di un effettivo studio anatomico quello condotto dalla regista francese, teso alla ricerca di un insieme di verità che, forse, non sono così immediate da stabilire. Anzi, Anatomia di una caduta sembra quasi, all’opposto, un elogio della condizione plurima del vero o del presunto tale, una profonda messa in crisi della referenzialità che stupisce soprattutto nella sua brillantezza formale.

Punto di partenza della ricerca di Triet è la morte di Samuel (Samuel Theis), l’unica vera certezza di un legal drama intenso che gioca tutto sulla molteplicità dei punti di vista, sulle ambiguità, sulle contraddizioni, sul detto e sul non detto. Il corpo dell’uomo viene ritrovato ai piedi della casa in montagna dove vive insieme alla moglie Sandra (Sandra Hüller) e al figlio Daniel (Milo Machado-Graner). In un primo momento, la sua morte appare come un probabile incidente. L’uomo, infatti, sembrerebbe essere caduto dal piano più alto dell’abitazione. Presto, però, la polizia inizia ad avere dei dubbi sul caso. E se si trattasse di un suicidio? O peggio: e se fosse stata la stessa Sandra ad uccidere il marito?

Nella ricostruzione delle possibili dinamiche che avrebbero portato alla morte di Samuel e nel conseguente processo a Sandra a cui viene dedicato la maggior parte del runtime del film, la natura dell’indagine di Justine Triet diventa mano a mano sempre più evidente. Nella difficoltà di determinare quanto accaduto, ciò che viene rivelato con maggiore intensità e lucidità sono gli eventi, le emozioni più latenti e tutti i tormenti che hanno portato ad un lento sfaldamento della relazione tra Sandra e Samuel.

La “caduta” reale a cui allude il titolo del film, oggetto di una messa a nudo quasi morbosa, precisa e chirurgica, si istituisce proprio nella progressiva spirale discendente in cui i due si sono trascinati l’un con l’altro. Il momento di rottura più importante, in particolare, viene riportato da Triet attraverso una registrazione ascoltata in aula di tribunale, dove ancora una volta la lettura di ciò che si ha di fronte viene riplasmata secondo logiche interpretative che possono o meno adeguarsi alle modalità attraverso le quali osserviamo e ci confrontiamo con il mondo che ci circonda.

Fondamentale in tal senso è l’azione performativa di Sandra, personaggio incredibilmente sfaccettato e magnificamente interpretato da Sandra Hüller, la quale non si limita ad una mera analisi introspettiva e psicologica, lavorando invece anche di corporeità e di gestualità. Ma altrettanto importante, nel tentativo – forse impossibile – di rideterminare quanto accaduto, è anche il contributo del figlio Daniel. Nonostante la sua parziale cecità e la sua giovanissima età, Daniel riesce a modo suo a vedere meglio di tutti gli altri. Ciò che Daniel possiede, infatti, è una specifica consapevolezza, la concretezza di un punto di vista terzo che potrebbe far quadrare ogni cosa. Ed è esattamente in questo tentativo di sintesi triadica che Anatomia di una caduta riafferma nuovamente la caducità della vita e la difficoltà gargantuesca di cogliere realmente l’essenza della realtà.

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Daniele Sacchi