Scorpio Rising di Kenneth Anger, la recensione

Scorpio Rising

Poco più di un mese fa è scomparso all’età di 96 anni Kenneth Anger. Per omaggiare il cineasta, il quale figura tra i più grandi registi sperimentali, underground e d’avanguardia, rivolgiamo uno sguardo retrospettivo su una delle produzioni più interessanti e visivamente provocatorie della sua carriera, il cortometraggio Scorpio Rising. Realizzato nel 1963, il corto esplora una poetica del corporeo ergendosi a sfida ermeneutica, richiamando un certo immaginario cinematografico hollywoodiano, fatto di icone e di divi maschili, per proiettarlo in un orizzonte semantico sovversivo, antidogmatico e – appunto – iconoclasta.

Al centro di quest’operazione troviamo il biker Scorpio, uno dei protagonisti del corto interpretato da Bruce Byron. Lo stesso Byron, in realtà Richard MacAulay, porta un nome fittizio come omaggio al middle name di James Dean, uno dei volti che insieme a Marlon Brando appaiono nei poster che tappezzano le mura della sua camera da letto. Mentre in televisione scorrono le immagini del Black Rebel Motorcycle Club capitanato proprio da Brando ne Il selvaggio di László Benedek, Scorpio legge un fumetto – una particolare enfasi viene posta sulle analogie omosessuali suggerite dalle vignette – e assume droghe. In seguito, tra simboli neonazisti e parabole cristologiche, Anger ci trascina direttamente all’interno di un’orgia omosessuale, per poi raggiungere il culmine del corto con una tragica gara tra motociclisti.

Ad accompagnare il film vi è un uso della musica – esclusivamente rock ‘n’ roll anni ’50 e ’60 – che anticipa le istanze successive del videoclip, non lasciando mai la possibilità al parlato di insinuarsi tra le pieghe dell’immagine cinematografica. L’attenzione è posta tutto sul simbolo e sulla sua rimodulazione. In questo, Kenneth Anger smitizza il machismo hollywoodiano per ri-mediare le pulsioni che ne permeano la matrice iconica. La struttura fondante permane ma viene meno la cornice immaginifica, o meglio, se ne plasma un modello alternativo, i referenti e i codici saltano.

Così, persino il sacro, qui raffigurato attraverso l’inserimento in stream of consciousness di un film su Gesù Cristo, viene sottoposto ad un processo di delocalizzazione, situandolo in uno spazio-limite a cavallo tra l’orgia dei protagonisti e le derive eroticizzanti della motocicletta. Tuttavia, ad eccezione delle scelte creative e sperimentali del montaggio, Scorpio Rising si colloca – sorprendentemente – nella piena realtà con il suo far coincidere il vissuto di Bruce Byron con il rappresentato, a partire dalla semplice decisione del nickname di Scorpio, ricavato dal suo segno zodiacale, sino ad arrivare ad intere sequenze del corto, riprese direttamente dalle scorribande degli uomini-attori-personaggi del film, in una continua e aperta decostruzione attiva del reale.

Daniele Sacchi