“The World to Come” di Mona Fastvold – Recensione (Venezia 77)

The World to Come

The World to Come, il secondo lungometraggio diretto da Mona Fastvold in concorso alla 77esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è un’indagine sul senso di solitudine, sulla necessità di colmare quei vuoti che spesso non riusciamo a comprendere fino in fondo, schiacciati dal peso dei doveri e degli obblighi della quotidianità e della vita. L’opera seconda di Mona Fastvold, sceneggiata da Jim Shepard – suo il racconto breve omonimo su cui si basa il film – e da Ron Hansen (conosciuto soprattutto per il suo romanzo L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford da cui è stato tratto il celebre film), è anche una vera e propria ode alle infinite possibilità dell’immaginazione umana, di cui il cinema è uno dei più grandi promotori.

Ci vuole una certa sensibilità e disposizione individuale per poter entrare pienamente in contatto con il racconto intimo e delicato messo in scena dalla regista norvegese, dedicato ad esplorare una storia d’amore clandestina tra due donne nell’America dell’Ottocento (anche se gli splendidi scenari che vediamo nel film si trovano in realtà in Romania). Parlare di una “semplice” storia d’amore sembra quasi riduttivo in realtà, se pensiamo al trasporto emotivo e all’attrazione che le due protagoniste del film, Abigail (Katherine Waterston) e Tallie (Vanessa Kirby), provano l’una per l’altra. Non siamo di fronte ad un’operazione irruente ed impetuosa come quella realizzata ad esempio da Céline Sciamma in Ritratto della giovane in fiamme, bensì in The World to Come troviamo una poesia e un lirismo visivo dalla natura delicata e fragile.

The World to Come

Insieme alla decisione peculiare di girare l’opera in 16mm, scelta che dona alle immagini e ai colori di The World to Come un’impronta naturalista che richiama esplicitamente la produzione artistica del periodo, Fastvold dimostra una grande attenzione allo sviluppo della temporalità del suo film. Il passaggio del tempo viene scandito attraverso il diario di Abigail in modo che lo spettatore possa seguire i suoi tormenti di stagione in stagione. Persino il ricorso al voiceover riesce a valorizzare e ad amplificare il mood del film, donandogli nuove sfumature di senso grazie soprattutto ad una scrittura attenta a non cadere in banalità e superficialità nell’esplorazione dei pensieri della protagonista.

Allo stesso tempo, una particolare attenzione viene attribuita anche alla componente sonora di The World to Come, curata dal compositore inglese Daniel Blumberg, mai invasiva e sempre attenta ad accompagnare adeguatamente quanto appare su schermo, dalla violenza di una tempesta di neve sino ad arrivare alla dolcezza e quiete di uno scambio di sorrisi. Da segnalare anche le ottime prove di Casey Affleck e di Christopher Abbott nel ruolo dei compagni di Abigail e Tallie, due figure unite dalla loro adesione ad una concezione patriarcale della società, ma in realtà radicalmente differenti nell’attitudine attraverso la quale la sostengono. Mona Fastvold confeziona una perla intimista di rara bellezza e profondità che affronta il tema della libertà: la libertà di seguire le virtù del proprio desiderio contro ogni muro e barriera, nella speranza che tutto ciò diventi la normalità nel mondo che verrà.

Le recensioni di Venezia 77.

Daniele Sacchi