Un bel mattino di Mia Hansen-Løve, la recensione

Un bel mattino

Lasciata da parte Fårö e le incursioni nel vissuto bergmaniano di Sull’isola di Bergman, Mia Hansen-Løve torna nella sua Parigi con Un bel mattino, un dramma intimo sulla scia di Un amore di gioventù e Le cose che verranno. Léa Seydoux è Sandra, una madre single alle prese con un periodo complicato della sua vita, in particolar modo per quanto riguarda la gestione della malattia neurodegenerativa che ha colpito suo padre Georg (Pascal Greggory). L’incontro con il vecchio amico Clément (Melvil Poupaud) riporterà un po’ di luce nella vita di Sandra e il loro rapporto sfocerà presto in una passionale relazione amorosa, nonostante l’uomo sia già sposato.

Così come Sull’isola di Bergman prendeva le mosse da una riflessione autobiografica della regista francese sulla crisi coniugale con l’ex marito Olivier Assayas, anche l’idea centrale di Un bel mattino nasce nuovamente da una suggestione personale. Nello specifico, il film esamina il rapporto tra Mia Hansen-Løve e il padre Ole, scomparso nel 2020 dopo aver sofferto per molti anni di una malattia neurodegenerativa. Lo spettatore, attraverso il personaggio di Georg, viene trascinato in una situazione familiare complessa e posto direttamente a contatto con le difficoltà quotidiane della malattia, affrontate sia dal punto di vista del malato sia dalle persone a lui vicine.

L’approccio registico estremamente verosimile restituisce un film sincero che non cade mai nel melodramma, limitando ogni sfogo emotivo a pochi e brevissimi lampi, preferendo invece soffermarsi maggiormente su un tumulto interiore che è vissuto, non esibito. Anche un certo onirismo che pervadeva il precedente Sull’isola di Bergman viene qui abbandonato in favore di una messa in scena oggettiva e perfettamente calata nel reale, ad eccezione di una sequenza durante la quale Mia Hansen-Løve sovrappone un incubo di Sandra alla sua figura dormiente, in una vera e propria cornice fantasmatica. Per quanto pungente e suggestivo, si tratta però solamente di un singolo attimo di illuminazione soggettiva che, purtroppo, non avrà altre riproposizioni nel corso del film.

Lo sguardo freddo di Un bel mattino trova liberazione e catarsi nell’incontro carnale tra Sandra e Clément. Ogni forma di turbamento e stress viene eclissata dall’unione tra due corporeità alla ricerca di un’oasi sicura, lontana dalle trame più cupe del reale. L’essenza stessa, però, di un amore adulterino rischia di minare questa ricerca – che al benessere corporeo affianca anche il benessere mentale – sin dalle sue fondamenta, allontanando la possibilità di poter finalmente godere di un momento tranquillo, di un bel mattino tra un oceano di problemi e tormenti. Diventa necessario quindi il raggiungimento di un equilibrio, che per fortuna riesce ad emergere tra le pieghe del film nonostante un’impostazione registica e sceneggiativa fin troppo rigida e distaccata che avrebbe giovato di maggiori aperture ed effettivi momenti liberatori.

Daniele Sacchi