Come ogni anno, ecco la lista dei film che abbiamo apprezzato maggiormente nel corso del 2023. Abbiamo preso in considerazione solo i film usciti nelle sale e in streaming in Italia durante l’anno (escludendo quindi le anteprime ai festival), per questo motivo potrebbero figurare anche alcuni film usciti nel 2022 nel loro Paese d’origine. La lista non è da considerarsi come una classifica ma come una semplice indicazione di alcune delle opere più significative del 2023.
Le scelte di Daniele Sacchi:
Afire – Il cielo brucia di Christian Petzold
A tre anni da Undine, il maestro del cinema tedesco contemporaneo Christian Petzold ritorna ad esplorare la complessità e la fragilità dei rapporti umani con Il cielo brucia. Nel film, il giovane scrittore Leon (Thomas Schubert), in vacanza in una casa in un bosco vicino al Mar Baltico insieme all’amico Felix (Langston Uibel), vedrà il suo cinismo e la sua asocialità messi duramente alla prova dall’incontro con una ragazza di nome Nadja (Paula Beer). Se in Undine il dominio espressivo era quello dell’acqua, qui è quello del fuoco a darsi come predominante, attraverso un ardore passionale – ma anche distruttivo – che si manifesterà sia per via simbolica, sia su un piano più letterale con un pericoloso incendio boschivo.
Anatomia di una caduta di Justine Triet
Anatomia di una caduta, film vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes, è un’indagine minuziosa e profonda, tra ambiguità e contraddizioni, sullo statuto del vero e del falso, del certo e del verosimile. Al centro della trama del meraviglioso film di Justine Triet è la morte di un uomo, Samuel (Samuel Theis), causata da una caduta dal piano più alto della casa di montagna dove stava trascorrendo le vacanze insieme alla moglie Sandra (Sandra Hüller) e al figlio Daniel (Milo Machado Graner). Omicidio, suicidio o incidente? La ricostruzione delle dinamiche della morte dell’uomo è una vera e propria analisi sull’immagine cinematografica e sulle sue derive, in un grandissimo film sulla caducità delle relazioni, della vita e del Reale stesso.
Bottoms di Emma Seligman
Dopo l’esordio con il brillante Shiva Baby, la giovane regista Emma Seligman torna con una teen comedy irriverente e sagace, incentrata su due liceali (interpretate da Rachel Sennott e da Ayo Edebiri) impopolari e decisamente sopra le righe. Diversamente da operazioni simili, come l’innocuo La rivincita delle sfigate di Olivia Wilde, Bottoms stupisce per la sua satira convincente e attuale, proponendosi come una commedia sovversiva grazie al suo black humour sfrontato, una derisione grottesca, non macchiettistica e senza peli sulla lingua in grado di prendersi gioco liberamente di alcune delle dinamiche sociali tipiche del contemporaneo.
Holy Spider di Ali Abbasi
Holy Spider è il primo film di Ali Abbasi a trattare esplicitamente del suo Paese d’origine, l’Iran. Ispirato alla storia vera del serial killer iraniano Saeed Hanaei, Holy Spider è un crudissimo crime thriller che si concentra sul lavoro di una giornalista (interpretata da Zar Amir Ebrahimi), intenzionata a fare luce su una serie di omicidi di prostitute che hanno sconvolto la città di Mashhad. Come accadeva anche nel visionario Border, ritorna anche in Holy Spider l’idea di una pressante degenerazione umana, in questo caso reinquadrata nell’opprimente contesto sociale di uno Stato, l’Iran, dove i diritti umani – e, soprattutto, delle donne – vengono costantemente violati in nome di un’incontrollata e corrotta hybris.
Il male non esiste di Ryusuke Hamaguchi
Dopo i due straordinari Il gioco del destino e della fantasia e Drive My Car, la rivelazione del cinema giapponese Ryusuke Hamaguchi è ritornato con un film più piccolo ma comunque di grande impatto. Il male non esiste, Gran Premio della Giuria alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, è un’opera misurata, minimale e riflessiva, in grado di ragionare apertamente sulla questione ambientali – centrale, nel film, sono i potenziali danni causati ad un villaggio montano e al suo territorio da un’agenzia turistica specializzata in glamping – ma anche sull’esistenza umana. Con Il male non esiste, Hamaguchi coniuga infatti un’acuta denuncia sociale con un racconto di stampo esistenzialista, essenziale e genuino, che riconferma ancora una volta il suo estro autoriale.
Il maestro giardiniere di Paul Schrader
Il maestro giardiniere di Paul Schrader rappresenta la chiusura ideale della trilogia sulla crisi dell’uomo contemporaneo avviata da First Reformed e proseguita da Il collezionista di carte. Al pastore luterano del primo film e al giocatore di poker professionista del secondo, si affianca ora Narvel (Joel Edgerton), un esperto orticoltore incaricato del mantenimento di un’enorme magione appartenente ad una ricca vedova (interpretata da Sigourney Weaver). Nella messa in scena del rapporto tra l’uomo e la sua apprendista Maya (Quintessa Swindell) emergono tutti i temi cari a Schrader, dalla violenta e crudele primitività delle azioni umane sino ad arrivare al valore curativo e redentivo dell’amore, il tutto sublimato in un film perfettamente in grado di far co-esistere la sua anima cruda e burrascosa con la sua toccante cornice passionale.
Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese
Martin Scorsese adatta per il grande schermo il libro Killers of the Flower Moon di David Grann affrontando la tragica eliminazione sistematica della Nazione Osage avvenuta nell’Oklahoma degli anni ’20, riflettendo su una pagina nera della Storia degli Stati Uniti d’America. Si tratta di un’operazione gargantuesca quella di Scorsese che, dopo l’insipido The Irishman, torna ai fasti di un tempo con un racconto durissimo guidato dalle interpretazione magistrali di Lily Gladstone e di Robert De Niro. Il film alterna a più riprese immagini intense e dal profondo valore simbolico con un’opprimente e ricercato realismo in un dramma vivido e doloroso che, per vie traverse, parla anche degli Stati Uniti di oggi.
Oppenheimer di Christopher Nolan
Similmente a Killers of the Flower Moon, anche Christopher Nolan ragiona apertamente con il suo film sulla Storia americana. Lo fa però in modo molto differente, con un blockbuster d’autore maturo e avvincente, stratificato attraverso diversi piani narrativi (come tipico della poetica nolaniana) e puntando su una qualità ed una ricerca visiva impressionante. Centrale in Oppenheimer, infatti, è il tentativo attuato da Nolan di catturare il contrasto tra la bellezza estetica e creativa della bomba atomica – sottolineando la genialità umana che ha accompagnato la sua concezione e realizzazione – e la consapevolezza della tragicità del suo utilizzo, esplorando a dovere la complessa interiorità del suo protagonista (un perfetto Cillian Murphy) nell’intrecciare le sue lotte personali con le criticità e le contraddizioni che riguardano la sua figura.
Piscina infinita di Brandon Cronenberg
Piscina infinita di Brandon Cronenberg è uno sguardo terrificante e perverso sull’incubo vissuto da un uomo, James (Alexander Skarsgärd), che dopo aver ucciso accidentalmente una persona nella lussuosa località immaginaria di Li Tolqa viene trascinato in una sorta di setta brutale che si approfitta delle bizzarre leggi locali per sfogare liberamente la propria volontà di potenza. Simile concettualmente ad alcune opere di Michel Franco (come Sundown e Nuevo Orden), Piscina infinita è in realtà molto più acuto e sovversivo nell’esplorare la vuotezza sociale contemporanea attraverso un body horror viscerale teso tra tribalismi incontrollati e doppelgänger degenerati, richiamando più esplicitamente non solo il cinema del padre di Brandon, David Cronenberg, ma anche il Ken Russell di Stati di allucinazione, in un’opera che comunque gode di una sua proficua e decadente originalità.
Tár di Todd Field
Complesso, lungo e incredibilmente attuale, Tár di Todd Field affronta con grande pacatezza e stile temi contemporanei come la cancel culture e in generale l’influenza dei social media, affrontandoli da diverse prospettive e angolazioni. Protagonista del film è Lydia Tár, una fittizia compositrice e direttrice d’orchestra interpretata da Cate Blanchett, vincitrice per la sua prova attoriale della Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia. Fondamentali nell’esplorazione della sua figura sono tutte le dinamiche che ruotano attorno al potere. Abusi, manipolazioni, gaslighting: il film di Field è un’indagine serrata sulle modalità attraverso le quali viene esercitata oggi una certa forma di controllo dell’alterità, nonché un’ispirata riflessione sulla separazione – almeno da un punto di vista di percezione collettiva – tra la produzione artistica di un individuo e le sue azioni extrartistiche.
Infine, ecco le scelte dei miei collaboratori.
Per Matteo Bertassi:
– Babylon di Damien Chazelle (in foto)
– C’è ancora domani di Paola Cortellesi
– Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti
– La chimera di Alice Rohrwacher
– The Swan di Wes Anderson
Per Martina Dell’Utri:
– Anatomia di una caduta di Justine Triet
– C’è ancora domani di Paola Cortellesi
– La chimera di Alice Rohrwacher (in foto)
– Misericordia di Emma Dante
– Sick of Myself di Kristoffer Borgli
Per Alberto Militello:
– Afire – Il cielo brucia di Christian Petzold
– Bottoms di Emma Seligman
– Io Capitano di Matteo Garrone (in foto)
– Mixed by Erry di Sydney Sibilia
– Spider-Man: Across the Spider-Verse di Dos Santos, Powers, Thompson
Per Chiara Passoni:
– Anatomia di una caduta di Justine Triet
– Barbie di Greta Gerwig
– C’è ancora domani di Paola Cortellesi (in foto)
– Kafka a Teheran di Ali Asgari e Alireza Khatami
– La chimera di Alice Rohrwacher
Per Gianluca Tana:
– Decision to Leave di Park Chan-wook (in foto)
– Dogman di Luc Besson
– Godzilla Minus One di Takashi Yamazaki
– Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti
– La chimera di Alice Rohrwacher
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